GIOIA FAMILIARE

L’ordinazione al sacerdozio di Alexandre Dupuy celebrata a Aix è stato un momento di grande gioia familiare per Eugenio. Che uno dei suoi membri fosse ordinato e iniziasse il proprio ministero è stato un momento di gioia anche per tutta la famiglia dei Missionari di Provenza. È stata una bella occasione pure per la famiglia della Congregazione dei Giovani che poteva celebrare una pietra miliare nella vita di uno dei suoi membri:

… la data dell’ordinazione e quella della prima messa di M. Alexandre Dupuy, sacerdote della Missione e membro dell’Associazione da 6 anni.
E’ stato ordinato il 16 giugno nella chiesa del seminario e cele-brò la prima messa il giorno dopo in quella della Missione, alle 8. I soci si son sentiti in do-vere quel giorno di radunarsi nell’Associazione e certamente han dovuto risentire una grande abbondanza di grazie che attraverso il nuovo sacerdote si sono sparse su tutta l’assemblea. Dopo la messa solenne tutti gli ufficianti sono entrati nel coro dove il novello sacerdote ha imposto le mani sui sacerdoti e gli altri ecclesiastici e poi su tutti i soci che si presentavano a due a due…
Questa funzione ha risvegliato il fervore in tutti i cuori; infatti non si può veder nulla di più commovente e di più imponente insieme..

Diario della Congregazione dei Giovani, 17 giugno 1821, EO XVI

C’era un’altra ragione per essere felici quel giorno perché Alexander Dupuy, Eugenio e la madre di Eugenio erano molto legati. Yvon Beaudoin spiega:

Alexandre Dupuy è nato a Aix il 29 novembre 1798. I suoi genitori non sono mai stati identificati. La Sign.ra Joannis, la nonna di Eugenio, pagò per il suo mantenimento e educazione fin quando lui non decise di entrare nel noviziato dei Missionari di Provenza il 3 ottobre del 1816.

Passò i primi anni in una fattoria nella proprietà della Sign.ra Joannis nell’area di Banon, vicino Aix, affidato alle cure della moglie del fattore. A sette anni fu battezzato pubblicamente nella Cattedrale di S.Saverio a Aix. Compì gli studi primari con Roze-Joannis, il nipote della Sign.ra Joannis, e poi con Fratel Grigio. Per gli studi secondari frequentò il seminario minore di Aix. Alla fine, seguì la formazione data ai novizi e agli scolastici Oblati a Aix e a Notre Dame di Laus. È stato ordinato il 16 giugno 1821.

“Dupuy, Alexandre (1798-1880)”, nel Dizionario Storico Oblato, Volume 1

Incontreremo Alexandre Dupuy regolarmente nelle nostre future descrizioni della vita di Eugenio e nei suoi scritti perché fu molto vicino a Eugenio durante la sua vita.

 

“Vieni a lavorare per il Signore. Il lavoro è duro, le ore lunghe e la paga è bassa. Ma i benefici del pensionamento sono incredibili.”     Anonymous

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DIGIUNO E OBLAZIONE

Era Quaresima – un periodo caratterizzato principalmente da regole austere e dettagliate sul digiuno tra gli uomini di Chiesa. Eugenio, con il suo spirito di oblazione, voleva essere generoso in ogni cosa. Voleva essere fedele nelle sue osservanze, tuttavia, era nel mezzo della predicazione della sua terza lunga e estenuante missione popolare nel giro di pochi mesi. Il suo digiuno lo stava indebolendo e così scrisse a Hippolyte Courtès a Aix affinché consultasse il suo dottore di fiducia.

Questa lettera mostra la volontà di Eugenio di essere fedele alle leggi della Chiesa e allo stesso tempo il suo tentativo di essere realistico. Ho deciso di inserirla anche perché fornisce un’immagine affascinante dello stile di vita di Eugenio e del suo tipo di dieta durante la missione.

Mi rimprovero ogni giorno di aver dimenticato di prendere una precauzione che avrebbe rasserenato la mia coscienza circa i digiuni che durante questa missione non osservo. Ho agito per giusti motivi e con l’autorizzazione del confessore, presumendo l’ordine del medico; ma mi ripeto quotidianamente se non era più regolare premunirmi di una prescrizione formale del medico. Domandagli allora a nome mio se, dopo che ho fatto le missioni di ChateauxGombert e di Brignoles specialmente, che mi aveva stancato un po’, dovendo a Sant-Chamas predicare quasi sempre due volte al giorno e con una certa foga, obbligato a dormire solo quattr’ore, giudica opportuno che mangi a sera una minestra di riso, di semolino o di latte di mandorla con un’arancia. Se crede che possa bastare la minestra, farei a meno dell’arancia che mangiavo volentieri nella convinzione che mi rinfrescasse il sangue, talvolta un po’ irritato. Del resto dopo questa minestra, che prendo sempre con ripugnanza, qualunque altra cosa mi disgusterebbe. Al mattino prima della predica, prendo due o tre cucchiaiate d’acqua calda zuccherata.
Poiché la sera l’istruzione è più lunga e più vivace, prendo un po’ di vino caldo zuccherato, avendo sperimentato che questa bevanda, una vera penitenza per me, mi tonifica i polmoni e mi irrobustisce la voce.
Sabato digiuno regolarmente perché la sera non predico e il giorno dopo, finita la messa, prendo una tazza di cioccolata.

Lettera a Hippolyte Courtès, 31 Marzo 1821, EO VI n. 65

 

“La preghiera è cercare dopo il non-visto; il digiuno è lasciare andare tutto ciò di visibile e temporale. Il digiuno aiuta a esprimere, a aumentare la decisione che siamo pronti a sacrificare tutto, anche noi stessi, per raggiungere ciò che cerchiamo, per ottenere il regno di Dio.”    Andrew Murray

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LA LEADERSHIP È L’ALTRO LATO DELLA MONETA DELLA SOLITUDINE

Avendo tra gli altri anche il compito di mantenere tutte le comunità in armonia con lo spirito fondante, il ruolo di Eugenio non era sempre piacevole, specialmente quando le debolezze umane contrastavano il bene comune e il superiore doveva correggere gli altri. È qui che lo vediamo dipendere dal supporto di Henri Tempier, il suo primo compagno e confidente. Questi due uomini erano uniti dal loro comune amore per Dio, dalla passione per il voler portare questo amore salvifico ai più abbandonati e dall’amore per i Missionari.

È ovvio che, come S.Paolo nelle proprie relazioni con alcuni suoi compagni nel Vangelo, c’era un profondo legame tra Eugenio e Tempier che era l’origine della forza per Eugenio nei suoi momenti di solitudine nel suo ruolo di superiore.

… Quanto a voi, non ho nulla da aggiungere circa i miei sentimenti; vi amo come me stesso e la mia fiducia in voi è tale che mi sarebbe impossibile nascondervi il minimo dei miei pensieri. Crederei di commettere un furto, un delitto di lesa amicizia [ed. a crime committed against friendship] che non mi perdonerei mai..

Lettera a Henri Tempier, 1 Aprile 1821, EO VI n. 66

“

È meglio condurre da dietro e mettere gli altri davanti, specialmente quando si festeggia una vittoria, quando succede qualcosa di positivo. Sii in prima linea davanti al pericolo. Allora la gente capirà il valore della tua leadership.”     Nelson Mandela

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FINCHÉ SARÒ SUPERIORE, SARÒ IO A DARE CONSIGLI

In questa lettera vediamo Eugenio continuare a sforzarsi per stabilire e mantenere uno spirito di unità tra le tre comunità di Missionari. Stava predicando una missione parrocchiale e scrisse a Hippolyte Courtès che era il superiore di Aix quando Eugenio era assente. Questo giovane aveva 32 anni e era stato ordinato prete meno di 0tto mesi prima – per questo la lettera di Eugenio era piena di consigli su questioni pratiche sull’andamento della casa di Aix.

Non c’è dubbio che, come superiore della casa, tu hai il diritto che l’economo ti renda conto di ciò che fa. Perciò ti ho detto chiaro di tener d’occhio ogni cosa; ma la tua autorità non giunge a fargli cambiare le istruzioni che gli sono state impartite dal tuo immediato superiore. Non deve far nulla senza dirtelo in precedenza anche per ciò che gli è stato prescritto;

Il punto di questo consiglio non sta nella questione di potere, ma nel comando al servizio di uno spirito comune. È Eugenio, in quanto ultimo responsabile del benessere e del mantenimento del gruppo, che aveva il dovere di dare consigli. È l’autorità a beneficio del servizio.

per ciò che egli stesso volesse proporre deve obbedirti e tu stesso, nelle tue decisioni, devi conformarti allo spirito che mi guida nell’amministrazione; finché sarò superiore, son io che devo dare le direttive e tutti devono seguirle comunque la pensino.
Diversamente gl’ingranaggi si deteriorano, e non ci sarebbe più unità nel governo, con tutti i disordini che seguono; è così per qualsiasi governo. Aggiungo che in quelli fondati sulle virtù religiose bisognerebbe fare qualcosa in più, cioè sforzarsi di acquistare abbastanza umiltà per credere di saperne meno o di aver meno grazie del superiore, senza temere di conformare il proprio giudizio al suo.

Lettera a Hippolyte Courtès, 14 Marzo 1821, EO VI n. 64

Oggi il ruolo di coloro che hanno autorità è sintetizzato:

I Superiori sono un segno della presenza del Signore che è in mezzo a noi per animarci e guidarci. Impegnano i loro fratelli a vivere secondo la vocazione di Oblati, dando nello stesso tempo il sostegno di cui hanno bisogno. In spirito di corresponsabilità, è loro compito guidare le comunità, prendere le decisioni, incoraggiare le iniziative e porre in atto i progetti di azione secondo lo spirito e le norme delle Costituzioni e Regole

Constituzioni e Regole, Constituzione 81

 

“La funzione di una leadership è produrre tanti leader, non tanti seguaci.”    Ralph Nader

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IL SUPERIORE DELLA COMUNITÀ COME LEGAME VIVENTE DI UNITÀ

Eugenio continua la sua riflessione sul mantenere l’unità nel piccolo ma crescente gruppo di Missionari. Il suo particolare ruolo di superiore generale doveva garantire che ogni membro vivesse secondo lo spirito fondante. Questa responsabilità era condivisa con i superiori di ogni comunità.

Libero ciascuno personalmente nella nostra Società di rivolgersi al superiore per comunicargli le sue idee su qualunque cosa, anche sul cambiamento e il miglioramento di quanto è messo a sua disposizione;
obbligati i superiori locali a provvedere con scrupolo;
ma mai e poi mai sarà permesso di prendere l’iniziativa di cambiare, anche in meglio, usi in vigore in tutta la Società, con tutte le clausole e le limitazioni che possiate apportarvi.
Riflessioni individuali e suggerimenti per cambiare qualche aspetto non dovevano essere soffocati, ma portati all’ incontro dell’intera Società, chiamato Capitolo Generale. Le decisioni prese durante questo tipo di incontro riguardavano il gruppo intero e avevano il potere di cambiare gli articoli della Regola:
S’avvicina la data del Capitolo Generale, così mi pare; allora farete tutte le proposte che vorrete. L’assemblea avrà il diritto di discutere e deliberare con decisioni valide; fino a quel momento è legittimo solo quello che è ordinato dal Superiore Generale.

Lettera a Henri Tempier, 13 Marzo 1821, EO VI n. 63

Questo ruolo è stato mantenuto nel corso della storia e oggi è espresso così:

Il Superiore generale è il vincolo vivente dell’unità nella Congregazione. Con l’esempio della vita, lo zelo apostolico e l’amore verso tutti, stimolerà la vita di fede e di carità delle comunità perché rispondano più generosamente ai bisogni della Chiesa.

CC&RR, Costituzione 133

 

“Una leadership effettiva è mettere al primo posto le cose primarie. La gestione effettiva è disciplina, attuazione.”     Stephen Covey

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TENERE LE COMUNITÀ NELL’UNITÀ ATTRAVERSO IL CARISMA FONDANTE

A prima vista queste parole, scritte da Henri Tempier, superiore della comunità di Laus, potrebbero apparire come quelle di un capo vigilante e autocratico che pretendeva l’ultima parola in ogni cosa.

… Non dovevate permettere e ancor meno autorizzare pratiche così contrarie al buon ordine. Siamo forse diventati una repubblica o un governo rappresentativo? Spetta a voi introdurre nuovi usi e la comunità du Laus ha il diritto di deliberare, di proporre anche collettivamente la minima cosa? Certamente no. Perciò quanto è stato fatto dev’esser considerato nullo, abusivo e opposto diametralmente allo spirito delle Costituzioni.

Lettera a Henri Tempier, 13 Marzo 1821, EO VI n. 63

Sono in effetti le parole di un uomo convinto che la fondazione dei Missionari di Provenza venisse da Dio. Era sotto l’ispirazione di Dio che questo gruppo doveva nascere ed era sotto la guida di Dio che lo spirito di questo gruppo doveva essere espresso e custodito gelosamente nelle Regole del 1818. Insieme, durante l’incontro del Capitolo Generale, dovevano capire la volontà di Dio per loro e dovevano accettare la Regola come una Sua espressione. Per questa ragione non potevano fare cambiamenti in maniera arbitraria.

Ogni comunità era legata a queste Regole e non poteva considerarsi come una “repubblica indipendente”. C’era solo uno spirito per i Missionari e ogni comunità doveva vivere secondo questo spirito. La principale preoccupazione di Eugenio era la sua responsabilità verso Dio per mantenere onestamente ciò che gli era stato affidato.

Era un momento critico per i Missionari perché stavano mettendo in piedi la terza comunità ed era essenziale mantenere lo stesso spirito di famiglia in ognuna di esse. Non avevano i mezzi di comunicazione istantanei che possediamo noi oggi, così l’unico modo per assicurare l’unità era quello di seguire alla lettera la Regola.

Oggi, la nostra Regola di Vita porta avanti l’interesse di Eugenio per l’unità quando parla del Superiore Generale e del suo consiglio:

Vegliano soprattutto a che la Congregazione resti fedele allo slancio apostolico ereditato dal Fondatore sotto l’azione dello Spirito.

CC&RR, Costituzioni 131

 

“La Leadership è il trasferimento di una visione.” Hal Reed

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UN INVITO A TRASFORMARSI SOTTO IL SEGNO DELLA CROCE

Marius Suzanne ha descritto la cerimonia attraverso la quale i Missionari avevano iniziato ciò che sarebbe stato un ministero oblato per 161 anni. Il Calvario divenne un posto di missione permanente per la gente di Marsiglia, portando avanti l’opera evangelizzatrice iniziata l’anno precedente con la missione cittadina.

Sebbene la cerimonia fosse stata annunciata il giorno stesso, c’era una folla enorme: un gruppo notevole di persone provenienti da qualsiasi ceto sociale riempiva la piazza e le aree circostanti. Per quelli che erano consapevoli di essere stati evangelizzati dai Missionari è stato un giorno di festa.

Il discorso del Superiore era pieno di sensibilità, dignità e semplicità naturale. Ha ricordato i frutti della missione, l’entusiasmo generale che li ha mossi e ha detto

“È stato attraverso uomini fragili che Dio ha lavorato cose così grandi, uomini che erano animati e consolidati dal coraggio ricevuto grazie alla missione, che il Vescovo ha loro affidato quando ha dato loro le croci, dicendo: Sumite signum, in hoc signo vincetis. Accetta questo segno, conquisterai attraverso esso”.

Poi si è rivolto a coloro che hanno perseverato e ai peccatori e li ha assicurati uno per uno alla consacrazione del ministero dei Missionari. Alla fine, rivolgendosi al Clero, ha detto che la cerimonia si delineava sempre più come un patto secondo il quale i missionari e i preti si univano e si consacravano tra loro ai piedi della Croce. Si consacravano per la salvezza di queste persone generose, per coloro che erano stati mandati dal Primo Pastore della Diocesi, rispondendo ai desideri e agli auspici espressi dai suoi cooperatori appassionati.

“Tutti erano contenti dopo aver sentito il suo discorso che avevano ascoltato in silenzio: la voce del Superiore si diffondeva anche nei punti più distanti restando comunque perfettamente comprensibile. Si poteva vedere la felicità in ogni volto: è stato un rinnovare la Missione. Da quel giorno i Missionari hanno celebrato la messa al Calvario e la chiesa non è mai stata vuota.”

Memorie di M. Suzanne citate su Rey I

 

“Dio prese le cose peggiori che un uomo potesse fare a suo figlio e le trasformò nelle cose migliori che potesse fare per un uomo.”     Anonimo

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ACCETTARE DI SERVIRE I BISOGNI DEI POVERI PELLEGRINI

Ecco alcune informazioni di base su questa nuova missione di Marsiglia:

Con la lettera ufficiale in mano, così laboriosamente scritta, Padre de Mazenod partì il giorno stesso accompagnato da fratel Suzanne e seguito immediatamente dai padri Maunier e Moreau, dato che l’installazione era prevista per il giorno seguente, il 6 Maggio. 

Sebbene improvvisata, la cerimonia fu ugualmente circondata da una lucentezza e da una solennità degne della città. Padre Vigne, il vicario generale residente a Marsiglia, presiedeva in nome del Vescovo de Bausset. Una lunga processione, che includeva il clero della città, le confraternite dei penitenti, i Fratelli delle Scuole Cristiane, tutti i sacerdoti e un’immensa folla partì dalla Chiesa di Saint Martin per scortare il Fondatore e i suoi tre confratelli verso il santuario affidato alle loro cure. A tutti e quattro venne riservato un posto d’onore nella processione, subito dietro i sacerdoti ordinari e direttamente di fronte ai canonici. 

Leflon Volume 2, p. 182

 Il loro ministero con i pellegrini del Calvario iniziò immediatamente. Due anni dopo:

nel 1823, Padre Dupuy diceva che il numero dei pellegrini aumentava. In alcuni giorni festivi, la recinzione, che avrebbe potuto contenere solo alcune centinaia di persone, era strapiena di gente proveniente soprattutto dai popolosi quartieri della città che circondavano la zona del Calvaire. In questo servizio i missionari si trovavano nel loro vero elemento. Con zelo si dedicavano a servire i bisogni dei poveri pellegrini. 

Yvon Beaudoin, “Marseilles, Le Calvaire” in Oblate Historical Dictionary, Volume 1

 

“La religione mette in luce quell’area dell’esperienza umana in cui in un modo o nell’altro una persona si imbatte in un mistero come una chiamata ad pellegrinaggio”    Frederick Buechner

 

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UNA DOSE DI REALISMO

Avendo accettato di mandare a Marsiglia alcuni dei suoi missionari per il ministero della gioventù con gli orfani, Eugenio rimase sorpreso quando l’Arcivescovo iniziò ad insistere affinché gli Oblati si prendessero cura anche del ministero del Calvaire ( che era il nome con cui si indicava la collina del Calvario, su cui era stata piantata la croce della missione).

Per Eugenio era meraviglioso coltivare generosi sogni di missione, ma quando guardava al personale disponibile per prendersi cura delle tre missioni (Aix, Laus e Marsiglia) e al pressante ministero delle prolungate predicazioni delle missioni popolari, ritornava bruscamente alla realtà: erano solo in 8!

Lo storico Leflon ci racconta:

due settimane più tardi, con una fretta che non può non sorprenderci, così come sorprese lo stesso Padre de Mazenod, il Vescovo autorizzò quest’ultimo a recarsi immediatamente a Marsiglia per prendere possesso del Calvaire, che era stato eretto per commemorare la missione del 1820. Guigou, il vicario generale, era stato incaricato dal vescovo di notificare alle parti interessate l’ordine formale e la sua immediata entrata in vigore. Stupito da questa pronta e inattesa risolutezza, il Fondatore aveva esitato, dubitando del messaggio che aveva ricevuto. Venne dunque convocato al Palazzo dell’Arcivescovo, dove si recò accompagnato dal fratello scolastico Suzanne che, come testimone oculare, ci riporta:

il Vescovo incoraggiava Padre de Mazenod, quasi implorandolo, ma il Superiore tornò a ribadire la stessa risposta:

“io obbedirò se mi è ordinato, ma sono certo che ciò sarà dannoso per la mia comunità”

di nuovo incoraggiò il superiore, e vedendo che egli continuava ad esitare, il prelato andò verso fratel Suzanne, prese le mani del subdiacono e gli disse: “vieni fratello; persuadi il tuo superiore ad andare a prendere possesso del Calvaire.” Infine, arrendendosi di fronte a queste ardenti suppliche, il Superiore dichiarò che era pronto ad obbedire, e l’Arcivescovo, abbracciandolo, gli disse: “bene, allora; preparatevi a partire oggi. Padre Guigou vi darà la lettera da portare con voi”

Leflon Volume 2, p. 181

Eugenio confida ad Henry Tempier:

Torno da Marsiglia per concludere la vicenda della fondazione… ma la comunità come farà a vivere? Non lo so..

 Lettera a Henri Tempier, 26 aprile 1821, EO VI n. 67

Umanamente, ciò richiedeva un grande atto di fede dato che Eugenio aveva riconosciuto la chiamata di Dio in questa situazione nella voce dell’Arcivescovo. Era la “chiamata di Gesù Cristo, ascoltata all’interno della Chiesa attraverso il bisogno di salvezza della gente”(CC&RR, Costituzione 1)

 

“Ci rivolgiamo a Dio chiedendo aiuto quando le nostra fondamenta vengono scosse solo per imparare che è Dio stesso che le sta scuotendo”      Charles West

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LA COLLINA DEL CALVARIO DI MARSIGLIA

Nel 1794 la furia della Rivoluzione Francese aveva distrutto la magnifica chiesa gotica di Notre Dame des Accoules che aveva accolto la gente di Marsiglia fin dal 1205 ( parrocchia dal 10° secolo). Tutto quello che ne restava era la torre del campanile e il muro del santuario che si stagliava contro la parete rocciosa della collina. Era un ricordo forte di come la folla avesse perso di vista i valori positivi per cui era sorta la rivoluzione e con insensata violenza avesse cancellato tutto quanto fosse in grado dare all’esistenza un senso di direzione durevole.

Venticinque anni dopo, nella missione predicata nel 1820, i missionari di Provenza di Eugenio e i missionari di Francia di Forbin Janson si erano prefissi lo scopo di restaurare la fede degli abitanti di Marsiglia e di aiutarli a ricostruire le loro vite sulla base dei principi cristiani. Ogni missione si concludeva con l’erezione della Croce della missione a perenne memoria di quei giorni di grazia. In modo significativo, essi scelsero proprio le rovine del muro della chiesa distrutta come luogo per erigere il grande crocifisso della missione.

Yvon Beaudoin spiega:

Charles Forbin Janson, superiore della grande missione predicata a Marsiglia nel 1820, nella con i suoi modi veloci ed efficienti, aveva scelto questo posto per innalzare la grande croce della missione. In pochi giorni aveva raccolto 60,000 franchi, lo spiazzale era stato ripulito, era stata costruita una piccola collina che rappresentava il Calvario, e, sotto di essa, una grotta che rappresentava il Santo Sepolcro. Una rete metallica lo circondava. Molti marsigliesi frequentavano questo posto.

“Marseilles, Le Calvaire” in Oblate Historical Dictionary, Volume 1 http://www.omiworld.org/dictionary.asp?v=5&vol=1&let=M&ID=813 . (dove si trovano anche delle foto)

Nel 1821 era ormai sito di pellegrinaggi e luogo di preghiera e così le autorità diocesane avevano chiesto ad Eugenio di occuparsene. Si trattava di un luogo che avrebbe giocato un ruolo importante nella storia degli Oblati.

 

“Com’è bella la croce di Cristo! Porta vita, non morte; luce, non tenebre; paradiso; non la sua perdita. È il legno su cui il Signore, come un grande guerriero, fu ferito nelle mani, nei piedi e nel costato, guarendo così le nostre ferite. Un albero ci ha distrutto; un altro albero ora ci fa rinascere.”    Teodoro di Studios

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