IL DIO CHE GIOISCE E GIOCA

Continuando la sua riflessione sulla creazione come un luogo dove fare esperienza della presenza di Dio, Eugenio cita il versetto del libro dei Proverbi 8:31 su Dio “dilettandomi sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo”.

Ma il cristiano va più in là, esce da questa specie di rapimento per lasciarsi trasportare dall’entusiasmo dell’amore e della riconoscenza, corre col pensiero all’Onnipotente Iddio
che ha creato tutte queste meraviglie come per gioco, ludens in orbe terrarum,
e si è avvicinato all’uomo, l’uomo però che si confonde e si perde nella semplice contemplazione della più piccola di queste opere,
per conversare con lui, farsi istruire e guidare da lui, unendosi a lui nell’intimità dell’amore il più incomprensibile, immedesimandolo in qualche modo col suo essere per portarlo a condividere la sua gloria.
Dio! Dio! e la gran parte degli uomini vivono senza pensarci!

In seguito Eugenio gioisce poiché lo scopo del suo ministero era di portare giovani ed altri a questa consapevolezza di Dio e a vivere in comunione con Lui – e Adolphe Tavernier e molti altri della Congregazione della Gioventù avevano compreso questa realtà.

Adolfo, mio caro Adolfo, benediciamo il Signore per averci dato un cuore capace di comprenderlo e specialmente di sentirlo.

Lettera a Adolphe Tavernier, 12 ottobre 1819, EO XV n.151

 

“Chi non è più capace di fermarsi a considerare con meraviglia e venerazione è come morto: i suoi occhi sono chiusi.”            Albert Einstein

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LA NATURA INSEGNA

C’è mai nulla di più pittoresco della campagna, di più ricco della natura specialmente se un’anima religiosa oltre che sensibile scopre sotto ogni foglia e sotto l’ala del piccolo atomo il nome sublime dell’Eterno?.

Lettera a Adolphe Tavernier, 12 ottobre 1819, EO XV n.151

 

“La natura più che predicare insegna. Non ci sono sermoni nelle pietre. È più facile ottenere una scintilla da una pietra, piuttosto che una morale.”         John Burroughs

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AL SERVIZIO DELLA NOIA IN PERSONA

Pochi anni prima Eugenio aveva scritto sul servire Dio nelle situazioni in cui non ne sentiva affatto l’attrazione:

Inoltre se, stanco nel corpo e nello spirito, volessi cercare un po’ di riposo in una buona lettura o nella preghiera, e gli affari di casa mi obbligassero a corse affannose o a visite fastidiose, convinto che è necessario sempre preferire quel che Dio vuole e quanto desideriamo noi stessi, non esiterò e farò quel che devo molto volentieri, nel caso che spettasse a me la scelta, preferendo quel che il servizio di Dio mi ha indicato a quanto fosse di mio maggior gradimento. Meglio ancora: cercherò di giungere a farmi piacere più quel che è conforme alla volontà del nostro divin Maestro che sola deve regolare non solo i miei atti ma anche i miei affetti.

Note di retiro,luglio- agosto 1816, EO XV n 139

Non accade spesso che negli scritti di Eugenio egli abbassi la guardia e scriva un giudizio divertente sugli altri. Scrivendo al ventenne Adolphe Tavernier – un membro della Congregazione della Gioventù divenuto poi avvocato, con il quale avrebbe mantenuto lun rapporto di amicizia per il resto della sua vita – egli descrive un visitatore noioso e come si diede da fare per dargli pazientemente il benvenuto:

Ieri, per es., rileggevo la tua letterina e m’ero messo al tavolino per risponderti quando la noia in persona venne a prender dimora in casa mia circondata dai suoi satelliti: si sdraiò sul mio povero divano come su un trono e, a suo modo, credendo di far dello spirito finì per trovarsi così bene che non si mosse fino alle nove. Benedetta la campana che venne un po’ tardi, purtroppo, a svegliarmi con colpi tremendi, perché se mi fosse stato concesso di lasciar seguire alla causa gli effetti, mi sarei addormentato ai piedi del trono dove m’ero disteso. Eppure no, il mio compito era di far violenza alla natura e rallegrare il mio carnefice.

Lettera a Adolphe Tavernier, 12 ottobre 1819, EO XV n.151

 

“Abbi pazienza con tutte le cose, ma prima di tutto, con te stesso.”     S. Francesco di Sales

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IL SERVIZIO DEI COLLABORATORI LAICI PER LE MISSIONI

Il lavoro delle missioni non sarebbe potuto andare avanti senza il generoso aiuto spirituale e materiale di collaboratori laici. In questa lettera di Eugenio ritroviamo una dei suoi più grandi sostenitori.

Signora,
dovrei incominciare col chiedervi scusa per aver risposto così in ritardo alla lettera che mi avete fatto l’onore di inviarmi: datene benevolmente la colpa a coloro che non tollerano il minimo ritardo nel servizio abituale che esigono dalla mia povera persona. Vi ringrazio delle commissioni che avete avuto la cortesia di evadere …

La signora si trovava a Marsiglia, e i Missionari si stavano preparando per una missione che avrebbe avuto luogo in quella città l’anno successivo:

Con ogni probabilità saremo da voi in occasione della missione progettata da tanto tempo: allora sì che avremo bisogno delle vostre preghiere e di quelle di tutte le anime a cui sta a cuore la gloria di Dio e la salvezza delle anime; ma badate a non aspettate quell’epoca per raccomandarmi al Signore.
Vogliate gradire, signora, l’assicurazione dei miei sentimenti più rispettosi con cui ho l’onore di dirmi vostro umile servo.
Eugenio de Mazenod, sacerdote missionario

Lettera a Madame Roux-Bonnecorse, 27 luglio 1819, EO XIII n. 26

Da Nostra Signora du Laus Henry Tempier riflette lo stesso spirito di apprezzamento per i collaboratori quando scrive ad Eugenio:

ho sempre dimenticato di scrivervi che qui preghiamo per i benefattori del nostro lavoro nelle Missioni, così come fanno ad Aix. Segnalate questo valore la prossima volta che pregherete, sottolineate la santità del nostro luogo, il fervore e il grande numero di persone che stanno pregando.

Lettera di Henri Tempier ad Eugenio de Mazenod, 13 Giugno 1819,
Scritti Oblati II.2, n. 13

 

“Lo scopo della vita umana è servire, e mostrare compassione e volontà di aiutare gli altri.”                   Albert Schweitzer, teologo e dottore in medicina

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COME SI RAFFIGURA L’AMORE?

Uno dei motive del successo dell’opera dei Missionari era la loro capacità di essere vicini alla gente. Erano missionari proprio perché si prendevano cura del benessere degli altri. La loro principale preoccupazione era la salvezza dei più abbandonati, ma ciò non soltanto nella sfera “spirituale”. Il villaggio di sant’Etienne, non lontano da Laus, venne distrutto dal fuoco. I missionari intervennero immediatamente, come mostra questa lettera di Eugenio:

Perché non ero con voi il giorno del vostro bel comportamento a Saint-Etienne! Vi vedo in mezzo alle fiamme portare dappertutto e intelligentemente soccorsi che han dovuto salvare un gran numero di persone.
Non mi meraviglia che non ci si stanchi di parlare di questa grande abnegazione. Quattro missionari in quest’opera di carità predicano meglio che sul pulpito; se non altro son capiti meglio.

Lettera a Henri Tempier, 29 giugno 1819, EO VI n. 45

 

“Come si raffigura l’amore? Ha mani per aiutare gli altri. Ha piedi per affrettarsi verso i poveri e i bisognosi. Ha occhi per vedere miseria e povertà. Ha orecchie per ascoltare I singhiozzi e I lamenti della gente. Ecco come lo si rappresenta.”       Sant’Agostino

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NON CONOSCO UN POSTO CHE RICHIEDA DI PIÙ

Abbiamo visto quanta importanza venisse data al sacramento della riconciliazione durante le missioni popolari. Questa stesso fervore era ovvio dovunque i Missionari svolgessero la loro “missione permanente”. Henry Tempier si era trasferito a Notre Dame du Laus da appena cinque mesi, e già poteva registrare i risultati della presenza di una comunità dinamica di Missionari.

Durante il periodo di maggiore affluenza dei pellegrini, alcuni Missionari si recavano da Aix al Laus per fornire un aiuto. Padre Touche aveva trascorso lì l’estate dal 1° aprile a Novembre. Per venire incontro alle esigenze dei pellegrini, anche Padre Mye vi era stato inviato dal 23 Maggio fino alla fine di Luglio.

Henry Tempier scrive ad Eugenio:

Se volete sapere cosa facciamo al Laus, confessiamo, confessiamo ancora e sempre confessiamo; confessiamo i pellegrini che arrivano in numero maggiore quanto più numerosi noi siamo. I ero da solo, senza respiro; eravamo in due, e accadeva lo stesso; eravamo in quattro: il peso era uguale. Ascoltavamo tutto il giorno le confessioni della gente giunta per le novene o che trascorreva molti giorni nel nostro santuario ed il confessionale non era mai vuoto. C’è un bene infinito che può essere fatto qui, ed è stato fatto, ma devo ammettere che non conosco un posto che richieda di più del Laus.

Lettera di Henry Tempier ad Eugenio de Mazenod, 13 giugno 1819,
Ecrits Oblates, II.2, n. 13

I Missionari stavano mettendo in pratica quello che essi avevano racchiuso nelle regole qualche mese prima:

Per quanto riguarda la confessione ci si penetrerà d questa verità: è nel tribunale sacro che si perfeziona quanto è stato solo abbozzato dai discorsi. Se la grazia ha toccato un’anima, per la forza della Parola di Dio, ordinariamente è solo nel tribunale della penitenza che la si modella e la si giustifica.
Si predica solo per condurre i peccatori fino al bordo della piscina…
Nessun dubbio, quindi, che, se si presentasse l’alternativa, bisogna preferire il ministero della confessione anche a quello della parola, perché, nel tribunale della penitenza, si può supplire alle mancanze dell’istruzione mentre il ministero della parola non può supplire al sacramento della penitenza istituito da Gesù Cristo per riconciliare l’uomo con Dio.

Regola del 1818, capitolo terzo, §2

 

“La confessione di un errore è come una scopa che spazza via lo sporco e lascia la superficie più brillante e più pulita. Mi sento più forte dopo una confessione.”    Mahatma Gandhi

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CHE BELLA MORTE!

Nel 1819, Paulin Castellas, un membro della Congregazione della Gioventù di Eugenio, morì. Per un periodo aveva vissuto insieme ad altri studenti di Aix nella casa dei Missionari. Le riflessioni di Eugenio su questo ragazzo sono riportate nel Diario della Congregazione della Gioventù:

Questo giovane, molto svagato nella sua prima infanzia si è convertito durante la mis-sione che abbiamo predicato a Grans, suo paese natio. Fece la prima comunione che presagiva tutto quel che la grazia avrebbe operato in lui, né smentì mai, in tutto il corso della sua vita, i seri propositi allora formulati.
Trascurato completamente dalla madre, donna totalmente priva di senso comune, capì da sé la necessità di lavorare. Il buon senso naturale di cui era dotato gli fecero preferire alla libertà di cui godeva pienamente a casa sua le restrizioni salutari di una casa di educazione, adoperando la piena disponibilità della madre per esigere che lo lasciasse entrare alla Missione dove si era ben intenzionati a favorire la sua buona volontà di istruirsi coi mezzi che gli sarebbero stati forniti.
Difficile esprimere quanto questo amabile figliuolo si sia reso notevole per pietà, doci-lità, attenzioni per gli altri e tante altre belle doti che adoperò senza sforzo. Si vedeva cresce-re a vista d’occhio nella virtù e cominciava a fornire le migliori speranze quando uno sbocco di sangue destò in noi vive preoccupazioni per la sua salute. Gli furono prodigate cure d’ogni genere, ma invano: andò deperendo fino a toglierci ogni speranza di possibile guarigione. La madre volle sperimentare se la cura dell’aria nativa poteva restituirgli la salute, invece il suo stato peggiorò più rapidamente e non fu più possibile dissimularsi la sua fine prossima. Lungi dall’essere impaurito da questo annunzio, il giovane se ne rallegrò sinceramente esprimendosi in questo campo nella maniera più commovente quando conversava col parroco di Grans a cui l’avevamo raccomandato.
Ricevette parecchie altre volte i sacramenti che prima di partire da Aix gli erano stati amministrati: gli ultimi giorni passarono parlando unicamente di Dio. Al momento della morte, con perfetta conoscenza, rivolgendosi al parroco che gli stava accanto, esclamò con entusiasmo: Non vedete il cielo aperto dinanzi a noi? Oh com’è bello! Com’è bello! Nostro Signore, la Madonna! Com’è bello! E tendendo le braccia verso quegli oggetti presenti al suo sguardo, spirò o per meglio dire la sua bell’anima se ne volò al cielo che si era avvicinato a lui e di cui non dubito che sia entrato in possesso immediatamente. Che bella morte!

Diario della Congregazione della Gioventù:, 5 giugno 1819, EO  XVI

 

La vita è un percorso; la Morte una destinazione.      Autore Sconosciuto

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LA PRATICA DELLA PACE E DELLA RICONCILIAZIONE

Descrivendo la missione di Eyguières, Eugenio ci spiega il perché della loro stanchezza:

Il nostro lavoro è sempre enorme, senza che possiamo concederci interruzioni. Siamo obbligati ogni giorno e a ogni momento di rimandare a casa uomini che si presentano in numero pari alle donne: nemmeno esse possiamo trascurare perché le loro necessità sono altrettanto urgenti di quelle degli uomini ai quali, come sapete, possiamo riservare una settimana in più. Perciò abbiamo un lavoro superiore alle nostre forze, stiamo in confessionale fino a mezzanotte e un quarto: eppure a quest’ora così tarda quando bisogna andar su a prendere un boccone, c’è ancora gente che dobbiamo rimandare. 

Nelle missioni popolari, la predica mirava ad istruire le parsone per portarle ad un profondo incontro sacramentale con Dio. Il tempo che ogni missionario passava con un singolo penitente, gli dava l’opportunità di aiutare ciascuno a riconciliarsi con Dio e con gli altri, e, di conseguenza, a vivere una vita più pacifica. I missionari non affrettavano mai le confessioni, ma lasciavano che ogni persona prendesse il tempo necessario. In questa missione sembra che i cinque missionari avessero chiesto l’aiuto di altri due sacerdoti per tale importante lavoro, ed pure le loro forze sembravano insufficienti.

Rimane il fatto che sette sacerdoti durante cinque settimane hanno confessato, dalle cinque e mezzo del mattino fino a mezzanotte, una folla immensa di peccatori che senza la missione non si sarebbero mossi, come essi stessi affermano e l’esperienza del passato ci porta a credere facilmente: e sette sacerdoti partendo lasceranno al parroco un gran numero di penitenti armati di buona volontà che non han potuto essere ascoltati.
Pregate perché possiamo condurre a termine un lavoro così duro per il corpo, ma così consolante per le anime di coloro che hanno una scintilla d’amore di Dio e sono appena un tantino animati di spirito sacerdotale.

Lettera alla comunità della Missione a Aix, 7 marzo 1819, EO VI n 41

 

La pratica della pace e della riconciliazione è una delle azioni umane più vitali ed artistiche.                Nhat Hanh

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UNO SPIRITO DI GIOIA E DI SEMPLICITÀ

Nel febbraio-marzo del 1819 Eugenio fu uno dei cinque Missionari che realizzarono la missione popolare di Eyguières. In questa lettera al resto della comunità di Aix, lo cogliamo in un momento di rilassamento in cui punzecchia benevolmente quelli rimasti a casa. I compagni di missione si trovavano in chiesa ed Eugenio si ritaglia un attimo di tempo per scrivere:

Vi scrivo durante la messa solenne. Per me è un vero riposo, perché godo quando mi porto in spirito in mezzo a una famiglia attraente come la nostra: siate convinti che il più grande sacrificio che possa offrire al Signore è di esserne separato a forza per tanto tempo; ma è per la sua maggior gloria. Questo pensiero deve soffocare ogni grido della natura, ogni affetto, ogni sentimento, anche quelli di un genere più soprannaturale.

è di buonumore e li prende in giro per non avere scritto:

Troppa pigrizia, miei cari amici e amatissimi fratelli: siamo verso la fine della mis-sione e posso dire di non aver ricevuto da voi quasi nulla; potrei mai mettere in conto le quattro righe che il caro fratello Moreau mi ha scritto prima di salire all’altare? Intanto non so niente di quel che fate e di come state; 

Parla di Aix come di un “ospedale” – ma non ci sono indizi che qualcuno di essi fosse effettivamente ammalato – forse soffrivano gli acciacchi dell’inverno associati al vivere in un enorme convento privo di riscaldamenti. Eugenio descrive poi come loro cinque fossero stanchi per la missione e usa la sua vivida immaginazione per dipingersi come soldati di ritorno da una battaglia:

ed è lecito non essere tranquilli con voi che formate un ospedale. Ma se voi siete i malati della compagnia noi abbiamo tutto l’aspetto dei convalescenti: i nostri volti pallidi e affilati, le nostre voci fesse e l’andatura cadente ci danno un’aria interessantissima; rassomigliamo proprio a guerrieri di ritorno da un lungo e duro combattimento, i quali fanno fatica a portarsi dietro le armi vittoriose, pur conservando la nobile fierezza che promette loro nuovi successi al prossimo attacco del nemico.

Lettera alla comunità della Missione a Aix, 7 marzo 1819, E.O. VI n 41

Le nostre comunità sono caratterizzate da uno spirito di gioia e di semplicità. Mettendo in comune quello che siamo e quello che abbiamo, troveremo accoglienza e sostegno. Ciascuno metterà a servizio di tutti i doni di amicizia e i talenti ricevuti da Dio. Questa comunione contribuirà a intensificare la nostra vita spirituale, la crescita intellettuale e l’azione apostolica.

CC&RR, Costituzione 39

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LENTAMENTE, PREGARE LENTAMENTE

Inizialmente la comunità del Laus era composta di tre persone: Henri Tempier, Bourrelier (un fratello scolastico) e un membro in prospettiva (postulante). Nello stesso tempo in cui il ministero del Santuario venne ristabilito ed ampliato, altri Missionari furono pronti per aggiungersi alla comunità.

Mantenete in tutto la disciplina più regolare: state per formare una comunità, non fate insinuare abusi…

Come esempio di regolarità – fedeltà alla regola – Eugenio indica il tempo che si doveva dedicare durante la preghiera comunitaria alla Liturgia delle Ore.

… Ricordate come ci tengo alla recita molto posata dell’ufficio: lo metto a carico della vostra coscienza, perché nulla mi sembra più sconveniente e di maggiore maledificazione che l’andar di corsa nel salmodiare. Che si abbia premura o no, bisogna recitare i salmi lentamente…
Torno a dire che ci tengo molto, e per senso di dovere. Imponete anche una penitenza a chi venisse meno a questa norma indispensabile di decenza.

Lettera a Henri Tempier, 22 febbraio 1819, E.O. VI n. 40

 Per ulteriori riflessioni su questa parte della Regola, rimandiamo alla riflessione del 20 Luglio 2012.

Ricordo che anni fa ero rimasto colpito da un articolo di un ex-soldato, che, durante mesi di solitudine trascorsi in un duro campo di prigionia, aveva avuto solo un libro a tenergli compagnia. Aveva definito le sue riflessioni: “lentamente, lentamente leggere” e descriveva come avesse passato ore ed ore assaporando solo una frase o un paragrafo alla volta, e come entrando nel mondo del suo libro fosse riuscito a sopravvivere e a mantenere il proprio equilibrio. Eugenio sembra chiedere la stessa cosa: assaporare la Parola di Dio come si è soliti fare con la preghiera.

 

Leggendo le scritture mi sento così rinnovato che tutta la natura mi sembra a sua volta rinnovata intorno a me e con me. Il cielo sembra essere di un azzurro puro, più fresco, gli alberi di un verde più intenso. Tutto il mondo risplende della Gloria di Dio e io sento fuoco e musica sotto i piedi.    Thomas Merton

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