CHIUDENDO NELLA PACE DI CRISTO

Leflon conclude la narrazione della missione ad Aix del 1820. Due cose mi colpiscono particolarmente in questo racconto. Prima di tutto Eugenio non era capace di predicare attraverso un testo scritto, e qui possiamo vedere un esempio di come funzionava bene quando parlava dal cuore e lasciando spazio a Dio. Inoltre, i Canonici della Cattedrale erano stati quelli che avevano causato tante difficoltà, nonostante Eugenio sottolineasse e lodasse le loro buone qualità.

Per riconciliare i fedeli e riparare l’insulto che padre de Mazenod aveva ricevuto, il vescovo de Bausset stabilì un’altra processione al Calvario (il luogo dove la Croce della missione era stata eretta) per la domenica successiva, e dichiarò che, quando la processione sarebbe rientrata in cattedrale, padre de Mazenod avrebbe predicato il sermone di chiusura che era stato previsto per la domenica precedente. Il vescovo aveva piena fiducia nella capacità di quest’ultimo di padroneggiare la situazione e si sentiva sicuro che egli avrebbe risistemato ogni cosa e cancellato dalla mente e dal cuore dei fedeli l’impressione deplorevole causata dagli incidenti del 30 aprile.

Attraverso una pubblica riprovazione della condotta dei Canonici, l’azione del prelato poneva padre de Mazenod dalla parte del giusto, ma lo metteva anche in una situazione molto delicata in quanto le sue parole, anche le sue pause, avrebbero potuto lasciare spazio ad interpretazioni errate. Di conseguenza, al fine di non esporsi ai rischi di un sermone improvvisato, decise, contrariamente al suo solito metodo, di scrivere il sermone interamente, memorizzarlo, e pronunciarlo parola per parola. Egli prese anche la precauzione di presentare il suo testo ad alcuni chierici e amici laici, ognuno dei quali al di sopra di ogni sospetto.

Il 7 maggio, quindi, dopo la processione condotta dall’Arcivescovo, il Fondatore salì sul pulpito nella cattedrale dove un’immensa folla si era raccolta. Improvvisamente, la sua memoria lo abbandonò completamente e non riusciva a ricordare nessuna delle idee che aveva sviluppato e le parole che aveva scelto con così grande attenzione. Qualcun altro sarebbe sprofondato nel panico in questo completo e disastroso vuoto che qualche volta affligge anche gli oratori con più esperienza. Il Fondatore, però, davvero padrone di se stesso, rimase calmo, e si inginocchiò per invocare lo Spirito Santo; poi si rialzò, e ignorando ogni cosa che aveva scritto in anticipo, improvvisò un sermone che mise in gioco tutti i suoi talenti. Tant’è vero che coloro che lo ascoltavano quel giorno concordavano sul fatto che non avesse mai parlato così bene. Per mezzo di quel sermone, che egli stesso chiamava il suo “testamento della carità”, fu capace di discutere di ogni cosa fosse successa la settimana prima, ma con un tatto, correttezza e sincerità che fecero luce su tutti gli spiacevoli fatti e portarono ad una riconciliazione delle menti. Concluse il suo sermone complimentandosi con l’Arcivescovo e il suo Capitolo e lodando sfacciatamente i canonici che, ad eccezione di due di loro, erano comprensibilmente assenti. Suzanne, che era testimone oculare, riferisce:

Alzando la voce ha dichiarato: “Potrebbe benissimo essere che si deve a loro (i canonici) il consolante successo delle nostre fatiche apostoliche e la vostra benedetta conversione, in quanto il loro stimato corpo è stato delegato dalla Chiesa ad offrire tributi al Signore attraverso la continua preghiera”. Poi citò alcuni alcuni notevoli esempi di membri del Capitolo, “la maggior parte dei quali sono invecchiati nell’augusto servizio del ministero sacerdotale e molti dei quali sono morti per la Fede sotto la scure rivoluzionaria”. Il sermone ha avuto un profondo effetto su tutti i presenti, in particolare sull’Arcivescovo. Le lacrime di gioia e ammirazione che scorrevano giù per le guance esprimevano molto meglio delle parole i sentimenti dolci e indicibili che stavano inondando il suo cuore sensibile in quel momento. Di conseguenza decise di rinunciare a dare la sua benedizione pastorale alla congregazione e pregò il Padre de Mazenod di benedire il popolo al suo posto, dicendo loro affettuosamente che “saranno sempre le vostre brave persone”. Poi, il pastore capo della diocesi riverentemente chinò il capo per ricevere la benedizione di un santo il cui zelo missionario tiene in grande stima e le cui virtù ha sempre ammirato. Il Te Deum è stato poi cantato.

Così, grazie al modo sapiente in cui il Fondatore ha provveduto a sistemare la situazione, la missione di Aix, che era stato minacciata per un breve periodo da una discordia, “cosìe ingiusto come inopportuna”, si concluse, “nella pace di Cristo.”

Leflon 2, p. 126 – 127

 

“È dovere di ogni cristiano di essere Cristo per il suo prossimo”.     Martin Luther

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UN’ESPLOSIONE DI EMOZIONI PROVENZALI

Grande era l’emozione in questa città del sud della Francia e non ci volle molto per incitare le passioni della folla – in particolare se il motivo della loro rabbia toccava qualcuno che avevano amato e rispettato. Eugenio era stato generoso nel suo ministero verso le classi più povere e aveva fatto molti passi per assicurare il loro benessere. Ogni attacco verso di lui era certo di provocare una reazione agitata e la meschinità dei Canonici aveva fatto esattamente questo. Eugenio e i Missionari erano vicini alla gente, e così la gente era vicina a loro, così come Leflon racconta:

I Canonici, però, non avevano intenzione di abbandonare la questione. Facendo valere pubblicamente le loro prerogative e rivendicando i diritti della loro alta posizione che era stata disprezzata, decisero di proibire al Fondatore di esporre il sermone finale alla cerimonia di chiusura della missione predicata a Saint Sauveur dai Missionari di Provenza. La cattedrale, in quel momento, era piena di uomini e donna che erano appena rientrati dalla processione in onore della Croce, e stavano cantando inni in attesa del sermone di padre De Mazenod. Ma, invece dell’oratore che loro stavano aspettando, padre Honorat, parroco della cattedrale, apparve improvvisamente sul pulpito e, tra lo stupore di tutti, annunciò che, dal momento che il servizio era finito, non ci sarebbe stato alcun sermone, e che ciascuno doveva lasciare immediatamente la chiesa in silenzio. Colpite inizialmente da questo annuncio a sorpresa, e incolpando giustamente il Capitolo per questo insulto al padre de Mazenod, le persone cominciarono a protestare violentemente. Protestando in un unico corpo, e facendo gesti di rabbia, divennero sempre più agitati, e mostravano la loro indignazione fino al punto di minacciare lesioni personali. Impaurito da questa reazione violenta, i poveri canonici corsero in sagrestia, e da lì fuggirono attraverso un passaggio privato che conduce al palazzo del vescovo.

Uno di questi canonici, padre Rey, più coraggioso o avventato degli altri, fece lo sfortunato errore di cercare di calmare i manifestanti invece di battere prudentemente in ritirata con i suoi colleghi. Arrampicato su una sedia, egli invitava i fedeli ad unirsi a lui recitando un Padre nostro e un’Ave Maria, sperando di riportare la calma continuando con l’esortazione. Invece di calmare le persone, che si rifiutavano di lasciarlo parlare e che coprivano la sua voce stridula con le rabbiose proteste, Rey riuscì solo ad esasperarli ulteriormente. Egli, a sua volta, dovette levare le tende o rischiava di essere malmenato. Ebbe difficoltà a fuggire dallo stesso rifugio dal quale erano scappati i suoi colleghi. Alcuni uomini, incapaci di precederlo prima che arrivasse in sagrestia, lasciarono la chiesa, e si precipitarono al palazzo del vescovo, con l’intenzione di colpire a sassate le finestre e rompere le porte.

Leflon 2, p. 125 – 126

Eugenio descrisse gli eventi all’Arcivescovo:

La soluzione non piacque e senza prevenirmi, M. Rey volle obbligare la gente ad andar via dopo la benedizione con cui terminava l’ufficio dei canonici. Così M. Beylet diede ordine al parroco di comunicare dal pulpito che la missione era terminata e che non restava altro da fare. Ma il popolo non si mosse in attesa di quanto preannunziato da me poco tempo prima. M. Rey si permise di rimproverarli; allora si cominciò a brontolare a voce alta: uno scandalo a cui si volle riparare con la recita di un Pater e un’Ave a cui la gente non rispose nemmeno, anzi per meglio dire rispose con segni inequivocabili di riprovazione. Nel frattempo giunse dalla Missione p. Deblieu per dirigere i canti. Appena la gente lo vide esplose un grido: Viva i missionari! P. Deblieu fece sapere che la missione sarebbe terminata con la predica di chiusura e in attesa che io arrivassi si sarebbero eseguiti dei canti. A queste parole seguirono nuove grida di gioia che cessarono appena iniziati i canti.
Intanto io giungevo senza sospettar nulla ed entro in chiesa dove regnava una calma perfetta; ma, disponendomi a salire sul pulpito, mi vien detto che M. Beylet ha proibito che io predicassi. Mi rivolgo al parroco per assicurarmi della veridicità di questa strana notizia; M. Honorat mi assicurò che il vicario generale l’ha incaricato espressamente di notificarmi che mi era proibito di predicare. Mi irritai per le conseguenze di un contrasto così fuor di luogo ma, convinto dinanzi a Dio che era più perfetto obbedire, salii sopra una sedia per preparare la folla a una notizia che io avevo paura di far loro conoscere.
Ebbi un bell’addomesticare le espressioni, l’indignazione giunse al colmo. Mi vengano incontro gridando; io cerco di svignarmela, ma mi corrono appresso. Le grida incalzano; quando mi trovai fuori della chiesa ognuno mi si butta addosso per abbracciarmi, alcuni mi sollevano al grido di Viva il p. de Mazenod! viva i missionari! La folla ingrossa di mano in mano, e fu a stento che riuscii a prendere la strada di casa, sempre seguito dalla folla che riempì la nostra chiesa, la nostra casa e la piazza delle Carmelitane. Sfortunatamente l’indignazione contro gli autori di quel disordine si mescolava alle grida affettuose verso di noi. In mezzo a questo tumulto riuscii a farmi sentire stando ritto sui gradini della nostra chiesa: scongiurai il popolo di calmarsi, di rispettare l’autorità e starsene quieti: lo chiedevo come prova del loro affetto per me. Parvero colpiti dalle mie parole e finirono per ritirarsi nelle loro case, gridando sempre: Viva i missionari! ecc. I più smaniosi erano entrati in casa nostra e, nonostante le mie sollecitazioni non se ne andarono via che molto innanzi nella notte.

Lettera all’Arcivescovo de Bausset di Aix, 1 maggio 1820, E.O. XIII n. 28

‘Se ti arrestassero perché sei Cristiano, ci sarebbero prove evidenti per condannarti?”  David Otis Fuller

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LUCI E OMBRE

I Missionari di Provenza avevano l’abitudine di estendere una missione parrocchiale oltre il tempo previsto, se non fossero riusciti a finire di ascoltare le confessioni di tutti e di prepararli per la Comunione. In linea con questa abitudine, nelle chiese di Aix dove i Missionari di Eugenio stavano predicando, la missione si prolungò di una settimana, per accogliere le circa 900 persone che non erano riuscite a ricevere i sacramenti durante la missione stessa. La chiusura ebbe luogo la domenica 3 aprile, con queste persone che ricevettero la Comunione al mattino. I giorni seguenti Eugenio descrisse all’Arcivescovo cosa accadde, poiché questi nel frattempo era fuori Aix.

Domenica era il giorno stabilito per la chiusura della missione: avevamo preparato per la comunione gli uomini ritardatari e alcune donne. Il numero di questi fervorosi convertiti era molto notevole: ce n erano presenti più di 900. Il medesimo giorno, secondo la nostra usanza, dovevamo fare la processione col SS. Sacramento..

La gioia di Eugenio e dei Missionari di Provenza doveva essere grande. Avevano lavorato duramente per raggiungere i “più abbandonati” della zona – erano coloro che avevano più bisogno di attenzione e accompagnamento per essere portati a celebrare i sacramenti. Eppure i Canonici della Cattedrale non vedevano questi eventi sotto una luce positiva e si opponevano alla realizzazione della speciale cerimonia di chiusura una settimana dopo che la missione era ufficialmente conclusa.

I canonici del Capitolo non se ne preoccuparono e, volendo frapporre indirettamente un ostacolo, cambiarono l’ora dei Vespri che fissarono alle cinque.
Andai a far visita a M. Beylet, vicario generale, proponendogli di rinviare la processione al giorno dopo; ma lui non la pensava così e mi consigliò di farla a mezzogiorno.
Quantunque l’ora non fosse propizia a causa del caldo, contavo abbastanza sulla pietà dei fedeli per esporli ai raggi cocenti di un sole infocato. La processione ebbe luogo, ma poiché i membri del Capitolo avevano stabilito di non mettere a disposizione nessun oggetto, nemmeno le torce per gli accoliti, siamo stati costretti a mandare a prendere baldacchino, piviali. pianete, dalmatiche, lampioni, candelieri, camici, incensiere e altro nella povera chiesa dei missionari. Il ritardo provocato da questo contrattempo permise alla processione di uscire solo alle due. Il giro che dovemmo fare fu abbastanza lungo, il numero dei fedeli era stato considerevole, e finimmo per rientrare abbastanza tardi, stanchissimi per il caldo. Essendomi accorto che non avrei avuto il tempo di terminare la predica di chiusura prima dell’ufficio del Capitolo, preferii invitare i fedeli ad andare a riposarsi, preannunciando la predica seguita dagli avvisi all’ora consueta della funzione nella nostra chiesa.

Lettera al Arcivescovo  de Bausset di Aix, 1 maggio 1820, E.O. XIII n. 28

Com’è triste quando siamo così concentrati sul mondo del nostro ego che siamo incapaci di riconoscere i miracoli di Dio attorno a noi. Gesù l’ha vissuto costantemente nel Vangelo e continua a sperimentalo oggi attraverso la vita di coloro che lo seguono.

 

“Cristo è morto per tutti gli uomini, non solo per quelli che conosci e che ti piacciono.”     Anonimo

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IL SALE DÀ SAPORE MA ANCHE IRRITA

Non era tutto rose e Fiori alla missione di Aix nel 1820. Di volta in volta, nei precedenti brani, abbiamo incontrato racconti sul rapporto burrascoso tra Eugenio e alcuni sacerdoti della città. Le sue reazioni di fuoco per la loro ostilità non sempre aiutavano a calmare la situazione. In questo racconto vediamo la “dignità” dei Canonici della Cattedrale che si erano arruffati e le reazioni meschine che seguirono.

Perché riporto i resoconti di questi incidenti qui? Da un lato, perché ci danno una visione della situazione in cui Eugenio viveva e ci aiutano a capire meglio. D’altra parte, i Canonici del Capitolo della Cattedrale erano buoni sacerdoti, ma vediamo come siano stati accecati da eventi piccoli che hanno increspato la loro dignità ecclesiastica. Forse è un invito a noi di cercare di mantenere la “dignità” del nostro ego dal non vedere tutte le cose buone che accadono intorno a noi.

La predicazione di Eugenio portava la folla alla Cattedrale, e non c’era abbastanza spazio per tutti. Una buona parte del centro della chiesa era stata presa dai posti per i Canonici, che erano separati dal resto da un tramezzo di legno. Questi sacerdoti anziani, per lo più membri dell’aristocrazia, avevano preso così tanto spazio riservato solo per loro, che la gente non aveva abbastanza spazio. A questi sacerdoti non era mai piaciuto Eugenio perché non era all’altezza delle sue nobili origini e il suo stile di vita e ministero per i più abbandonati era una critica al loro stile di vita. Lo zio Fortuné riprende la storia che riferiva al padre di Eugenio:

Il vescovo che gli mostra ogni dolcezza, gli ha dato anche il permesso di fare qualcosa che non è mai stato fatto prima e che porterà sicuramente Eugenio alle strette con i canonici venerabili, che stanno sempre insistendo sul fatto che i loro diritti siano rispettati. Al fine di rendere più confortevoli i posti a sedere a disposizione degli uomini per i quali non c’erano banchi vuoti e ai quali erano state fornite delle sedie, il Vescovo, senza consultare il Capitolo, ha dato il permesso a Eugenio di rimuovere le partizioni, porte e griglie che separano il coro dalla navata centrale. Appena ricevuto il consenso dell’Arcivescovo, non ha perso tempo a farlo, per paura che qualcuno potesse far cambiare idea al prelato. Mandò a chiamare un gran numero di aiutanti e lavorarono con tanta diligenza che tutto è stato rimosso nel giro di due ore. Avresti fatto grandi risate se avessi visto tuo figlio, padre Deblieu e gli altri missionari abbattere le partizioni e portare via i detriti sulle loro spalle.

Fedeli alla predizione di Fortunè, i canonici erano indignati che il loro coro fosse stato invaso da laici semplici, ma erano ancora più indignati perchè non erano stati consultati in merito alla rimozione delle griglie che salvaguardavano il loro raccoglimento nella preghiera. Purtroppo, intrapresero rappresaglie che erano piccole in un primo momento, ma che ben presto è divennero odiose…

Per il rinnovo solenne delle promesse battesimali, una cerimonia di ispirazione in cui il fondatore ha parlato in modo così bello e commovente che si riempirono di lacrime gli occhi, il canonico sagrestano aveva fornito i paramenti di tutti i giorni. Padre Tempier andò subito ad esprimere una lamentela dall’arcivescovo, che in quel momento era presso la chiesa della Maddalena, dopo di che il prelato diede ordini che il sacrestano fornisse i migliori paramenti senza indugio. Il giorno seguente, i Padri Rey e Florens erano volutamente scortesi con padre Deblieu che poi li trattò di conseguenza. E così, come si può vedere, la stessa vecchia tattica veniva utilizzata contro i nostri missionari.

In quella particolare occasione, tutto è stato limitato al piccolo incidente riguardante i paramenti, seguita da una lite privata tra Deblieu e i due capofila del capitolo, Rey e Florens che, dal momento della questione con Jauffret, erano stato altrettanto fanatici nella loro ostilità nei confronti di padre de Mazenod.

Leflon 2, p. 124-125

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MAI PIÚ

Marius Suzanne diede una descrizione delle centinaia di persone che, durante la missione di Aix, si affollavano per il sacramento della riconciliazione amministrato da Eugenio e dai Missionari:

In effetti avrei voluto che tutti coloro che, nella nostra città, sono increduli ostinati, peccatori incalliti che ancora si rifiutano ai pressanti inviti del Signore, fossero stati testimoni dell’edificante spettacolo che presentava la Chiesa dei Missionari di Provenza la vigilia della Comunione generale. Lo spazio coro della Chiesa non è mai rimasto vuoto per tutto il giorno : uomini ferventi che accorrevano con ardore, ai piedi dei ministri di Gesù Cristo, per ricevere l’assoluzione delle loro colpe verso cui sospiravano da tanto tempo. Teneramente stretti dalle braccia dei santi preti che li spingevano al dolore e all’amore, li si vedeva spargere abbondati lacrime di tenerezza baciare con trasporto la Croce del salvatore che avevano tra le mani. Dopo si prostravano davanti ai Santi Altari per adorare in silenzio e, nel più profondo raccoglimento, la Maestà di Dio che avevano offeso. Qualcuno innalzava anche la mani supplichevoli al cielo e dicevano ad alta voce: No, Signore, mai ! Mai! Ne ho sentito parecchi, uscendo, che si rallegravano del fatto che la loro coscienza, nei tempi andati giustamente allarmata, assaporava infine le deliziose dolcezze della pace e del riposo e godeva della felicità che avevano, inutilmente, domandato al mondo e ai suoi piaceri.”

Marius Suzanne, ” Quelques lettres sur la mission d’Aix “, p 21-22.

 

“Dio ha gettato i nostri peccati confessati nelle profondità del mare, ed ha anche messo il cartello ‘No Pesca’ in quel punto.”            Dwight L Moody

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L’ATTRAZIONE MAGNETICA DELLA PAROLA DI DIO

Per quattro settimane nella missione di Aix en Provence, Fortunè, lo zio di Eugenio, continuava ad entusiasmarsi degli effetti del ministero dei Missionari di Provenza, e di suo nipote in particolare.

Il suo modo di vita è davvero una meraviglia e Dio lo sostiene perchè Egli possa fare miracoli incredibili per mezzo di lui nelle tre chiese assegnate ai suoi missionari, anche se predica solo in provenzale. Dubito che le cose vadano allo stesso modo nelle altre chiese, a dispetto dell’eloquenza parigina; quel tipo di eloquenza non muove il cuore così come quella di tuo figlio. I risultati che ha compiuto sono così prodigiosi che il lavoro del tipo più consolante è finito per noi per diversi mesi.

Di conseguenza, la chiesa e la casa della missione furono letteralmente invase da penitenti. Fortunè assisteva suo nipote e i Missionari e scriveva:

Così grande è la raccolta, in particolare con i poveri, che mi sentirei colpevole davanti a Dio se dovessi rifiutare di dare una mano. Ho ascoltato le confessioni a qualunque ora dalle cinque del mattino alle nove di sera… Lo stesso vale per tutti i nostri missionari di Provenza… La venerazione, di cui è carico tuo figlio, è indescrivibile. Anche sua madre è una pioggia di benedizioni ogni volta che appare in pubblico. Ho motivo di credere che quei pastori che hanno rifiutato di permettergli di predicare nelle loro chiese siano dispiaciuti, ora che vedono tutto il bene che si compie a Saint Sauveur e Faubourg in cui le persone si riversano in massa, sia mattina che sera; così per le prediche come per la confessione; neanche lontanamente lo stesso fervore può essere visto in altre parrocchie.

Leflon 2, p.123-124

 

“Ognuno può essere un testimone di Cristo, non solo con le labbra, ma attraverso tutta la sua vita. Ogni cristiano dovrebbe essere un martire vivente, che vive per il bene del suo Maestro.”         Sadhu Sundar Singh

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DISCENDERE IN CELLE OSCURE

Con una predilezione per quelli che le strutture della Chiesa non raggiungevano, i Missionari aprivano le braccia a tutti quei gruppi che avevano bisogno di una speciale attenzione o un particolare messaggio.

Mentre riflettiamo su questo oggi, forse potremmo chiederci “Chi è più nel bisogno di quelli che posso raggiungere?” Le celle di quali prigioni sono chiamato a visitare?

Un gruppo di persone appartenenti alla categoria dei “più abbandonati” erano i carcerati. Mariusz Suzanne descriveva questo ministero durante la missione di Aix:

Non hanno paura di discendere in oscure celle per consolare dei disgraziati che l’inflessibile giustizia degli uomini punisce con una rigorosa, ma indispensabile severità e a cui sono quasi sconosciute le sante gioie della religione di Gesù Cristo. I successi più consolatni hanno coronato i loro difficili lavori: il giorno dopo l’Ascensione quaranta di loro hanno avuto la felicità di avvicinarsi alla Tavola del Signore, per parecchi era proprio la prima volta. Un Etiope ha ricevuto il battesimo e un Calvinista, dopo aver abiurato gli errori della sua setta, è stato favorito con la stessa grazia. Non so cosa fosse, ma ero interiormente soddisfatto nel vedere il nostro divino Salvatore affrettarsi ad alleviare le pene di questi sfortunati, venire, in qualche modo, ad unirsi alle loro miserie e dare alla loro anima desolata le dolci consolazioni di un amore tenero e compassionevole.

Come lo sono stato, ancora di più, la sera dello stesso giorno quando ho visto questi disgraziati avvcinarsi con rispetto al santo altare ed alzare una mano tremante per giurare a Dio, davanti a una numerosa assemblea, una inviolabile fedeltà. La mia compassione era eccitata soprattutto da un povero forzato che trascinava, con difficoltà, una pesante catena. Il suo viso abbattuto, gli stracci da cui era coperto, le lacrime che versava in abbondanza, l’evidente contrasto che mi si presentava tra la Religione, che tocca il cuore e che perdona, e la legge, che punisce e porta alla disperazione.

M. SUZANNE, «Quelques lettres sur la mission d’Aix», p. 41-43

 

“I più piccoli dei miei fratelli sono coloro che sono soli e coloro che hanno fame, non solo di cibo, ma anche della Parola di Dio; gli ignoranti e coloro che hanno sete, non solo di acqua ma anche di conoscenza, pace, verità, giustizia e amore; coloro che non sono amati e coloro che sono nudi, non solo di indumenti ma anche di dignità umana; gli indesiderati, i non ancora nati, coloro che sono discriminati per razza, i senza tetto e gli abbandonati che hanno bisogno non solo di un riparo fatto di mattoni, ma anche di un cuore che comprenda, che protegga, che ami; gli ammalati, gli indigenti moribondi e i carcerati, non solo nel corpo ma anche nella mente e nello spirito; tutti coloro che hanno perduto ogni speranza e fede nella vita, gli alcolizzati e i drogati; tutti coloro che hanno perduto Dio (quel Dio che per essi era ma che invece è) e ogni speranza nel potere dello Spirito.”      Madre Teresa di Calcutta

(Da notare che parte di questo brano era stata già pubblicata in un differente contesto l’11 luglio 2011)

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IL PERICOLO DI PORTARE CRISTO AL DI FUORI DELLE CHIESE

Non tutti erano felici degli effetti della predicazione dei Missionari. Rey narra questo episodio durante la missione ad Aix del 1820:

Ora, dopo questa scena commovente, accadeva un altro fatto che mostrava come il cielo aveva guardato sul suo prescelto. Riguarda un tentativo di omicidio del quale padre de Mazenod era rimasto vittima. La storia è raccontata da Canon Dupuy – uno dei primi discepoli di padre de Mazenod – che abitava con lui nella casa della Missione. Così egli raccontava la storia:

‘Attraverso la sua predicazione padre de Mazenod ha avuto la gran fortuna di convertire una giovane donna che faceva la concubina. Essendo molto risoluta, ella era fuggita dalla casa del suo seduttore portando con sé i suoi figli. L’uomo andò a riprenderla la molestò in tutti i modi per tentare di riportarla indietro da lui ma lei fu risoluta. Poi, pieno di rabbia, l’uomo accoltellò lei e i suoi bambini. Tuttavia questo non soddisfece la sua rabbia. C’era un’altra vittima che avrebbe placato quella sete di sacrificio: era il santo apostolo del quale l’ardente discorso aveva infiammato l’oggetto della passione dell’uomo. Nel frattempo padre de Mazenod stava predicando in Cattedrale. L’assassino in fretta si diresse là, dicendo ad alta voce che aveva appena ucciso due vittime, ma che aveva anche bisogno di una terza che avrebbe ucciso a tutti i costi. Egli si fermò nella piazza della città accanto alla fontana poiché era da lì che sarebbe dovuto passare padre de Mazenod al suo ritorno alla casa della Missione.

In effetti, dopo essere sceso dal pulpito, egli aveva preso esattamente quella direzione quando lo raggiunse il direttore del seminario maggiore che lo fece accompagnare presso la residenza dell’Arcivescovo, ignaro del pericolo dal quale stava salvando padre de Mazenod facendo in questo modo. L’assassino attese a lungo e arrivò solo dopo che i due sacerdoti erano entrati nella residenza del vescovo. Tuttavia, egli si mise in guardia vicino alla porta, sperando di trovare la sua vittima quando questi sarebbe venuto fuori.

Padre de Mazenod passò molto tempo nella residenza. Poi, accompagnato dal Sulpiciano che lo aveva condotto lì, uscì dalla porta, incrociò un giardino ed entrò nella vicina strada attraverso una porticina della recinzione situata di fronte al seminario. Da lì egli ritornò verso la casa della Missione, ancora nella più grande inconsapevolezza di ciò che era stato tramato per lui. Arrivato là, egli vide qualcuno che conosceva che si avvicinava a lui con grande spavento dicendo “Com’è che tu sei qui mentre ci sono voci in città che dicono che sei stato assassinato!”

Durante il tempo che passò dalla sua uscita dalla Cattedrake fino a quel momento, molte cose erano accadute. Le dicerie sul soprammenzionato doppio crimine si diffusero. Questo evento e le minacce di morte scagliate contro padre de Mazenod avevano gettato l’intera città nell’ansia e alimentato le ipotesi più inquietanti.

La polizia, essendo stata allertata, stava cercando attivamente l’assassino in tutte le direzioni. Quest’ultimo rendendosi conto che aveva mancato il suo obiettivo e che sarebbe stato catturato da un momento all’altro, è fuggito in un luogo appartato dove si è impiccato.’

Rey 1 p.250

 

“ Cristo è perfettamente innocuo finché è tenuto rinchiuso nelle chiese. Ci sono sempre problemi quando si lascia uscire.”             G. Geoffrey Studdert Kennedy

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SI INSINUA NELL’ANIMA SENZA SFORZO

Eugenio certamente attirava le folle attraverso il suo stile di predicazione. Mariusz Suzanne, che era un novizio nel 1820 durante la missione di Aix, descriveva la tecnica di Eugenio nel comunicare il Salvatore, e la reazione dei suoi ascoltatori:

Il martedì dopo, assistevo la sermone del mattino nella Metropolitana di St. Sauveur. Se sono stato stupito dal prodigioso afflusso di persone, di ogni età e sesso, che si trovavano riunite dalle quattro e mezzo, lo sono stato molto di più dal discorso che p. de Mazenod ci ha fatto. Non potete, mio caro amico, farvi una giusta idea dell’eloquenza dolce e fluida di questo uomo di Dio; non cerca di eccitare con violente scosse, di far tremare i peccatori e gettarli nello spavento. Si insinua nell’anima senza sforzo e vi risveglia i più teneri affetti; qualcosa di puro e di dolce, che si spande dal suo cuore, vi dilata e vi rinfresca con questa rugiada celeste di cui parla il profeta; ci si dimentica completamente di lui. Spiegava, in provenzale, le prime parole della Preghiera Domenicale: le sviluppava con tanta facilità, si esprimeva con una abbondanza di sentimenti così naturali e così toccanti che eravamo commossi fino alla lacrime ; in effetti, queste scendevano da tutti gli occhi, con dolcezza, ma senza sforzi e senza grida. Si è convertito un grande numero di peccatori tra cui tre cortigiane che si sono confessate la sera dello stesso giorno.

SUZANNE M., Quelques lettres sur la mission d’Aix ,Chez Pontier,
Imprimeur-libraire, Aix, 1820, p. 6-7.

 

“Essere un Cristiano richiede di più che una conversion istantanea – è un processo quoidiano per cui tu cresci per essere sempre più simile a Cristo.”         Billy Graham

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PUNTARE SU GESÙ CRISTO ATTRAVERSO LA PROPRIA ESPERIENZA PERSONALE

Mariusz Suzanne descrisse la predicazione di Eugenio del Venerdì Santo del 1820, durante la missione di Aix. Eugenio, che era stato affascinato da giovane da Gesù Salvatore in quel Venerdì Santo di più di vent’anni prima, realmente mostrava se stesso come un cooperatore della medesima Salvezza. Egli aveva imitato gli esempi e le virtù di Gesù suo Salvatore ed era capace di parlare attraverso la sua esperienza personale:

Se l’impressione, però, che ci ha fatto in questo eloquente discorso fu viva e profonda, ci ha toccati ancora più sensibilmente nell’istruzione che ci ha dato il Venerdì santo. Ha seguito il Signore nelle circostanze più importanti della sua dolorosa passione. Ci ha parlato con tanta unzione dell’amore immenso di Gesù Cristo per tutti gli uomini e per ciascuno di noi in particolare; gli attribuiva preghiere così toccanti, sentimenti così vivi e ardenti per la nostra salvezza; pregava lui stesso con tanto fervore, che eravamo rapiti di ammirazione e penetrati dalla più viva riconoscenza. E quando ci ha presentato questo divino Salvatore schiacciato sotto il peso umiliante di tutti i crimini degli uomini, di questi pensieri, di questi desideri, di queste azioni, ci diceva alzando la voce, che non vi siete mai rimproverati ; quando, soprattutto, lo ha fatto spirare domandando perdono per noi e facendo voti perché il suo sangue non ci fosse inutile, allora abbiamo creduto scoprire tutti i segreti dell’anima santa del Signore Gesù e, solo allora, abbiamo cominciato a conoscerlo e ad amarlo.

M. SUZANNE, Quelques lettres sur la mission d’Aix, p. 11-12.

 

“Un buon testimone non è come un venditore, l’enfasi è su una persona più che su un prodotto. Un buon testimone è come un cartello stradale. Non importa se è vecchio, giovane, bello, brutto, ma deve indicare la direzione giusta e di essere in grado di essere compreso. Noi siamo testimoni di Cristo, noi indichiamo lui.”       John White

(Da notare che questo brano è stato pubblicato in un differente contesto il 17 gennaio 2011)

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