QUANTO SEI CONVINTO CHE DIO SIA VIVO?

Un amico d’infanzia di Eugenio, Felix d’Albertas, aveva espresso incertezze sulla qualità della sua fede. Eugenio rispose:

Una frase della vostra penultima lettera, mio caro Felice, mi ha recato un forte dispiacere, non potendo sopportare il pensiero che non siete perfettamente felice ed io vorrei fare ogni cosa per fugare le vostre amarezze e le vostre perplessità…

Eugenio scrisse per incoraggiarlo e dargli qualche consiglio per rassicurarlo:

Voi desiderate sinceramente il bene della vostra anima,
cercate di prendere con rettitudine di coscienza i mezzi che vi sembrano adatti per raggiungere la salvezza eterna,
senza contare sulle vostre forze ma mettendo tutta la vostra fiducia in Dio
che amate come un tenero padre;
dopo di che come nutrire preoccupazioni? Sarebbe in certo qual modo far torto alla grazia di Gesù Cristo che vi ha prevenuto così amorevolmente…
Perciò, coraggio, amico carissimo; continuate a servire Dio con amore e riconoscenza, il cammino più corto che porta diritto allo scopo.

Al conte Felix d’Albertas, 14 settembre 1820, E.O. XV n. 153

Un invito a me oggi a riflettere sul posto di Dio nella mia vita: voglio sinceramente che Dio sia vivo in me, sono coscientemente cooperante con Dio, e faccio affidamento sulla grazia di Dio nella mia vita per raggiungere questo obiettivo e per portarmi serenità? Nella mia interazione con gli altri, quanto sono convincente che Dio è vivo nella mia vita?

 

“ Come si convince un mondo che Dio è vivo? Con la Sua vitalità nella tua vita, con la Sua opera nel produrre realtà nella vostra esperienza”     Howard G. Hendricks

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ESSERE PREPARATI A DARE TUTTO PER LA SALVEZZA DI UN ALTRO

Subito dopo la prima Messa di Hippolyte Courtès, Eugenio scrisse al ventenne Adrien Chappuis. Era stato un membro della Congregazione della Gioventù e voleva diventare un missionario anche lui. Il suo comportamento, come studente di legge, tuttavia, ha causato grave preoccupazioni a Eugenio. Inserisco questa lettera perché dimostra il valore fondamentale di oblazione per Eugenio, messo in pratica.

Mio caro Adriano, lo crederesti? Nei momenti più preziosi tu non hai cessato di essermi presente…
Durante la messa e durante quella che seguì, la mia anima, sempre presa dall’intima presenza di Dio che s’era manifestata a noi, si lasciò andare a un sentimento di sofferenza che non aveva provato prima. La vista dei miei peccati mi copri dapprima di una grande confusione, specialmente confrontando i benefici di Dio con le mie ingratitudini, piangendole amaramente e chiedendone perdono dall’intimo del cuore;
e subito dopo tu mi tornasti alla mente sperimentando tutto il peso della mia sollecitudine e un desiderio ardente per la tua vera felicità, contrastato come sei e oppresso dagli ostacoli che continuamente frapponi. Riandavo le grazie abbondantissime che il Signore ti ha concesso da quando ti ha affidato a me e l’esperienza della trascuratezza, per non dire del disprezzo, con cui le hai respinte…
Courtès, tuo compagno di fanciullezza, tuo condiscepolo, colmato di consolazioni, elevato fino al cielo perché rimasto docile ai miei avvertimenti, fedele alla grazia; e tu, benché in un altro stato ma che potresti godere in proporzione della medesima felicità, esposto alla dissipazione, povero di opere buone e di meriti, che avendo seminato vento non potevi raccogliere che tempesta, perché, ribelle sempre alle mie tenere insinuazioni, ai consigli della mia amicizia, hai voluto seguire una strada diversa da quella da me indicata.
Questo contrasto straziante mi ha gettato in una specie di desolazione interiore che mi faceva esprimere auguri ancora più ardenti per la tua salvezza eterna, fino a offrire a Dio, come l’ho fatto parecchie volte, la mia stessa vita in cambio della tua perseveranza e della tua santificazione. Trovo qualche consolazione nel pensiero che ma/o rein charitatem nemo habet ut animam suam ponat quis pro amicis suis. (Gv 15:13 Nessuno ha amore più grande di questo: dare la propria vita per i suoi amici.) 
Addio, possa tu una volta comprendere il mio cuore per consolarlo!

 Lettera a Adrien Chappuis, 31 luglio 1820, E.O. XIII n. 31

L’attitudine di Eugenio all’oblazione, all’essere pronti a dare tutto per la salvezza di questo giovane, ebbe risultati positivi. Adrien aveva completato i suoi studi di legge e più tardi era divenuto Ispettore Generale delle Finanze a Parigi. Mantenne sempre ottimi rapporti con Eugenio.

 

“Come gli uomini nutrono dapprima le piante giovani e le recintano con siepi per evitare loro di sciuparsi, ma quando sono cresciute rimuovono queste e le lasciano al vento e agli agenti atmosferici, così Dio dapprima sostiene i suoi figli con puntelli di benessere interiore, ma successivamente li espone a tempeste e venti perché siano meglio in grado di sopportarli.”       Richard Sibbes

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COLUI CHE VEDE SI TOGLIE LE SCARPE

Eugenio aveva tutte le ragioni per essere orgoglioso dell’ordinazione e prima Messa di Hippolyte Courtès – era stato il mentore di questo giovane sia nella Congregazione della Gioventù e più tardi nella sua formazione come Missionario. L’emozione intensa di Eugenio durante queste cerimonie non era solo a causa dell’amicizia umana, ma perché lo scopo del suo ministero era stato quello di portare gli altri a una relazione più profonda con Dio.

Questo rifletteva il legame tra Paolo e Timoteo, dove Paolo lo descriveva come: “Timoteo, mio vero figlio nella fede” (ITim 1:2).

La gioia di Eugenio era quella di un padre spirituale, esultante della presenza del Dio all’opera nel giovane uomo:

La messa è durata un’ora e mezzo e credo di non esagerare, ma tutti l’han trovata troppo corta…
Non si tratta di fede in questi momenti di felicità, non ci si pensa nemmeno perché si vede, si sente, si tocca.
Oh no, non si tocca più terra, ci si trova senza saper come in totale comunicazione col cielo.
Insomma si è in Dio come quando saremo liberi da questa veste di carne e ci sarà dato di contemplarlo a faccia a faccia.
Eravamo tutti soggiogati da questo rapimento, come in una specie di estasi!

Lettera a Adrien Chappuis, 31 luglio 1820, E.O. XIII n. 31

“Appunto per questo vi ho mandato Timoteo, che è mio caro e fedele figlio nel Signore; egli vi ricorderà come io mi comporto in Cristo Gesù, e come insegno dappertutto, in ogni chiesa.”    1 Corinzi 4:17

 

La terra è piena di paradiso,
ed ogni comune roveto arde di Dio;
Ma solo colui che vede si toglie le scarpe;
gli altri si siedono intorno e colgono mirtilli .

Elizabeth Barrett Browning

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LA GIOIA DI STARE CON QUALCUNO IL CUI CUORE E’ PIENO

Scrivendo a un membro della Congregazione della Gioventù, Eugenio condivise con lui un po’ della gioia di famiglia che aveva sperimentato nella prima Messa di Hippolyte Courtès .

Scendo dall’altare dove ho assistito il nostro angelico Courtès che offriva a Dio per la prima volta il santo Sacrificio. Carissimo amico, fossi stato presente! Avresti condiviso la felicità, la gioia intima, quella specie di estasi di tutti coloro che la devozione aveva attirato nel nostro santuario.

Rambert scrisse a questo proposito: “E ‘stato un grande evento nella società umile dei Missionari di Provenza, l’ordinazione e la prima messa di un nuovo sacerdote. La famiglia era così piccola in numero, le vocazioni così rare, la formazione degli uomini così lenta e difficile! Inoltre, eravamo così uniti in questa piccola famiglia; così pure noi siamo un solo corpo e un solo spirito, la gioia di uno era la gioia di tutti, e la grazia ricevuta dal nuovo sacerdote è stata una grazia ricevuta da tutti i suoi fratelli …

Non inizierò col voler ripetere quel che è successo fra noi: son cose che non si esprimono; intendo dire soltanto che io rimpiango molto che tu non fossi stato presente, perché sono sicuro che almeno in quel momento in cui il cielo si è aperto su di noi per riversare nelle nostre anime una sovrabbondanza di ineffabili consolazioni esterne, la tua anima si sarebbe innalzata verso Dio, sarebbe stata assorbita in lui come le nostre e tu avresti amato, sì, mio caro Adriano, avresti amato l’infinitamente amabile.

Lettera a Adrien Chappuis, 31 luglio 1820, E.O. XIII n. 31

 

“ Una lingua piena di risate e di lode è il riflesso di un cuore traboccante di gioia del Signore. Che gioia è stare con qualcuno il cui cuore è pieno”       Mike Hoskins

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I PRIMI FRUTTI OFFERTI A DIO CON GIOIA

Eugenio si rallegra con orgoglio paterno all’ordinazione sacerdotale di un membro della sua amata Congregazione della Gioventù e dei suoi missionari. Scrivendo sul Diario della Gioventù, e dal punto di vista dei giovani, pensò:

Il 31 luglio… l’Associazione ha fatto alla Chiesa il dono più prezioso che potesse farle …
E con buoni motivi l’Associazione può gloriarsi del dono fatto allora alla Chiesa, perché Ippolito Courtès è uno dei primi membri dell’Associazione, educato nel suo seno, cresciuto alla sua ombra, formato alla sua scuola.
I suoi confratelli furono privati della consolazione di assistere alla sua ordinazione e di partecipare alla sua prima messa: fu ordinato a Gap e offrì il primo santo Sacrificio nel santuario di N.D. du Laus. Per questo i soci non furono testimoni delle grazie segnalate e dei doni abbondanti di cui il Signore si è compiaciuto di colmare questo nuovo sacerdote, vera primizia offerta a Dio dall’Associazione. Ma non furono tuttavia estranei a tutto quel che è successo in quel giorno felice…

Diario della Congregazione della Gioventù, 17 giugno 1821, E.O. XVI

Nel suo ministero ai giovani di Aix, Eugenio aveva educato la Congregazione della Gioventù ad avere uno spirito di famiglia. Una delle sue immagini preferite per il suo ruolo era quella di una madre. La Congregazione era materna nella sua cura ad alimentare i giovani a crescere nella loro umanità, a diventare cristiani e a formarsi nella via della santità. Hippolyte Courtès è stato un primo frutto di questa “madre” come “uno che è cresciuto nel suo seno, che è cresciuto sotto la sua ombra, uno che si è formato nella sua scuola”.

Eugenio avrebbe accostato il suo nome insieme a “madre” a causa del suo ruolo “genitoriale” nei confronti di ogni membro.

Padre Courtès doveva rimanere uno stretto confidente del Fondatore per il resto della sua vita.

 

“Dio mi ha creato per fargli qualche servizio definitivo. Ha commissionato qualche lavoro a me che non ha affidato a un altro. Ho la mia missione.”       John Henry Newman

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IL SACERDOTE MISSIONARIO: L’AMORE SI MANIFESTA IN CIO’ CHE SI FA

Tre anni e mezzo dopo la fondazione dei Missionari di Provenza, questi hanno vissuto un momento di grande gioia e soddisfazione nell’ordinazione sacerdotale del primo membro della Congregazione della Gioventù per diventare uno di loro. Nel gennaio 1816 i Missionari nacquero come un gruppo di uomini che erano già sacerdoti. Centinaia di giovani era venuto in contatto con questo gruppo di missionari carismatici ed energici. Alcuni trovavano il gruppo e ciò che rappresentava così attraente che vollero diventare missionari essi stessi. Il primo membro della Congregazione della Gioventù di Eugenio a rispondere a questa vocazione era Hippolyte Courtès.

Il 31 luglio [1820]… l’Associazione ha fatto alla Chiesa il dono più prezioso che potesse farle, dandole un sacerdote secondo il cuore di Dio, straordinariamente adatto a raggiungere i più alti destini di un suo fedele ministro, tale che possa piacere a Dio, edificare e rendersi utile agli uomini.

Diario della Congregazione della Gioventù, 17 giugno 1821, E.O. XVI

[ed. Il Fondatore aveva dimenticato di inserire questo nel diario al momento opportuno, e l’ha inserito successivamente]

Un momento di grande gioia per i missionari e per Eugenio, in particolare, fu quando vide che il suo ministero tra i giovani portava frutto. Egli presenta un breve riepilogo del tipo di prete che i Missionari miravano ad essere:

Essere grati a Dio,
condurre uno stile di vita esemplare,
ed essere al servizio delle persone.

Era la stessa gioia che Gesù doveva aver provato nel Vangelo quando rispose alla domanda su quale fosse il più grande comandamento:

Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso». Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa’questo, e vivrai». Luca 10:27-28

Hippolyte Courtes anche rispose correttamente – con l’oblazione della sua vita a Dio espressa nel servizio sacerdotale per i più abbandonati.

 

“L’amore si manifesta in ciò che si fa.”       Gladys Aylward

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CON CANZONI DI GRATITUDINE CHE FANNO ECO ATTRAVERSO LE MONTAGNE

Alla fine della giornata, Eugenio descriveva il ritorno dei pellegrini ai loro villaggi di montagna. L’umore è gioioso grazie ai momenti privilegiati vissuti alla presenza di Dio nel santuario di Maria.

Le pratiche serali stanno per finire: la chiesa non riusciva a contenere la folla dei fedeli come non lo era stamane. I canti risuonano d’ogni lato: la gente se ne va; sono le sei e la gran parte hanno da fare quattr’ore di strada, cantando sempre le lodi del Signore finché non siano giunti a casa.
Per farsi un’idea di quel che avviene qui bisogna vederlo con gli occhi.

Lettera aAdolphe Tavernier,2 luglio 1820, EO XIII n. 30

Alcuni dei pellegrini avevano camminato per quattro ore per giungere a Laus, e ora nel viaggio di ritorno che durava lo stesso tempo, avrebbero continuato a cantare le loro preghiere per l’esperienza spirituale che avevano vissuto. Mentre camminavano lungo i sentieri di montagna, l’eco delle loro canzoni si poteva ascoltare ovunque nella valle.

I Missionari erano esausti, ma sarebbero stati felici di ciò che ascoltavano. Quando arrivavano i freddi mesi invernali e la stagione dei pellegrinaggi terminava, i Missionari sarebbero andati nei villaggi circostanti e avrebbero continuato il lavoro cominciato a Laus – attraverso una missione parrocchiale che durava parecchie settimane. Nei 21 anni della nostra presenza a Laus, circa 200 missioni sono state predicate da lì nei villaggi.

 

E Maria disse: “L’anima mia magnifica il Signore, e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore, perché egli ha avuto riguardo alla bassezza della sua serva, poiché ecco d’ora in poi tutte le generazioni mi proclameranno beata, perché il Potente mi ha fatto cose grandi, e Santo è il suo nome!       Luca 1, 46-48

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PER GLI OBLATI, TUTTA LA DEVOZIONE MARIANA È CRISTOCENTRICA

I pellegrini arrivavano dai villaggi a Laus per esprimere la loro devozione a Maria, e i Missionari li aiutavano a focalizzarsi su Gesù Cristo attraverso Maria.

Dovunque il loro ministero li porterà, cercheranno di promuovere una devozione autentica alla Vergine Immacolata, prefigurazione della vittoria finale di Dio su ogni male.

CC&RR Costituzione 10

Eugenio descriveva un’espressione pratica di questo nella sua lettera ad Adolphe Tavernier:

Mi fermo nell’impossibilità di tenere in mano la penna con la mano tremante; non t’impressionare di questo fenomeno per me spiegabilissimo: i nervi del braccio sono stanchi per un esercizio continuato durato due ore.
I fedeli che qui convengono non se ne andrebbero via soddisfatti se non baciassero la reliquia della vera croce contenuta in un reliquiario piuttosto pesante. Insomma non posso continuare, ma preferisco mandarti questi scarabocchi anziché lasciarti credere che io trascuro di scriverti

Lettera a Adolphe Tavernier,2 luglio 1820, EO XIII n. 30

Questo semplice gesto dei pellegrini, in un santuario Mariano, nei confronti di un reliquiario che richiamava la Croce di Gesù, mostra lo spirito dei Missionari: CON Maria al Salvatore, perché sempre “la croce di Gesù Cristo è centrale nella nostra missione” (CC&RR Costituzione 4)

In unione con Maria Immacolata, serva fedele del Signore, sotto la guida dello Spirito, approfondiranno la loro intimità con Cristo.   (CC&RR Costituzione 36)

 

“Maria è il cammino sicuro verso il nostro incontro con Cristo. La devozione alla Madre del Signore, quando è genuina, è sempre uno stimolo ad una vita guidata dallo spirito e dai valori del Vangelo”.         Beato Giovanni Paolo II

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IL PROTOTIPO PER IL MINISTERO OBLATO

Notre Dame du Laus era la prima costituzione dei Missionari fuori di Aix ed era un santuario Mariano: un luogo di pellegrinaggio ed un posto dove le persone venivano per alcuni giorni di ritiro. Proprio perché era il primo, rimane un prototipo per questo ministero nei cinque continenti del mondo Oblato oggi e segna la direzione.

Fu prima di tutto un luogo di “MISSIONE PERMANENTE”. In altre parole, tutto ciò che i Missionari si impegnavano a raggiungere quando andavano in una città per una missione prolungata, speravano di raggiungerlo durante il breve tempo trascorso dai pellegrini nel santuario. Alcune volte nello spazio di poche ore!

I pellegrini venivano per onorare Maria ed esprimere la loro devozione verso di lei. Puntando su questo facevano l’esperienza di avere, attraverso Maria, l’opportunità di guardare con lei a Gesù Salvatore. Tutti i nostri santuari Mariani sarebbero stati Cristocentrici.

In sostanza il ministero dei Missionari era accogliere i pellegrini, predicare loro per focalizzarli su Gesù Salvatore, e accompagnarli all’incontro sacramentale con Lui.

Scrivendo da ND du Laus a uno dei membri della sua Congregazione della Gioventù, Eugenio dava l’idea di una tipica giornata al santuario, con l’arrivo di un gruppo di pellegrini.

Eccomi in trappola, mio caro Adolfo: avevo stabilito di scriverti oggi per chiacchierare un po’ più a lungo con te dopo aver sbrigato tutte le mie piccole faccende, e mi capita proprio di non aver più a disposizione un minuto.
Fin dall’alba una folla immensa accorsa in questo deserto ci ha annunziato che due processioni erano in movimento verso di noi: cioè due paesi interi, com’è d’uso, si trasferivano quassù per rendere omaggio alla Madonna.
Ed è stato necessario mettersi immediatamente a confessare questi devoti pellegrini, poi salire in pulpito per dare soddisfazione alla loro sollecitudine..

Lettera a Adolphe Tavernier,2 luglio 1820, EO XIII n. 30

La nostra Regola di Vita descrive la missione Oblata: insieme con Maria tutta la nostra attività consiste nel condividere Cristo con il mondo.

Nella Vergine, attenta ad accogliere Cristo per donarlo al mondo, di cui è la speranza, gli Oblati riconoscono il modello della fede della Chiesa e della propria fede.

CC&RR Constitution 10

 

“Da Maria impariamo ad abbandonarci alla Volontà di Dio in tutte le cose. Da Maria impariamo ad avere fiducia anche quando ogni speranza sembra mancare. Da Maria impariamo ad amare Cristo suo Figlio e Figlio di Dio!”       Beato Giovanni Paolo II

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EVANGELIZZATO DALLE PERSONE E DAI LUOGHI

Mentre i Missionari erano completamente occupati nella prima parte del 1820 con le missioni nelle città di Marsiglia e Aix en Provence, Henri Tempier e la sua comunità stava svolgendo il ministero al Santuario di Notre Dame du Laus. Il numero dei pellegrini stava aumentando – indubbiamente attratti dalla giovane ed energica comunità dei Missionari.

La casa della Missione ad Aix si era riempita. C’erano molti studenti laici che vivevano nella casa, ed Eugenio sentiva che era giunto il tempo di spostare i novizi in un luogo più tranquillo per la loro formazione. Perciò li accompagnò a Laus, dove Henri Tempier avrebbe seguito la loro formazione.

Esausto dal lavoro senza sosta delle missioni e delle attività pastorali e amministrative della casa, egli potè prendersi una paura nel bellissimo contesto di Laus, circondato dalle montagne. Qui si unì ai Missionari nella loro vita religiosa, preghiere e ministero di predicazione e confessione per i pellegrini. Scrisse a sua madre:

La vita che conduco è così quieta, ne gusto talmente l’incanto da pensare con una sorta di spavento al momento che dovrò andar via per rientrare nel frastuono assordante.

Più che il bellissimo scenario e la vita di Comunità, egli fu catturato dall’esempio della fede dei pellegrini. Le persone che erano state evangelizzate erano quelle che evangelizzavano i Missionari attraverso la qualità della loro fede:

Tagliati completamente dal mondo, in quest’eremo sì vedono soltanto cristiani fervorosi che si occupano solo della salvezza eterna, e a loro esempio ognuno non vorrebbe occuparsi d’altro.

Lettera a sua madre, 29 giugno 1820, EO XIII n 29

Troviamo questo atteggiamento nella nostra Regola di Vita oggi:

Lavorando con i poveri e con gli emarginati, ci lasceremo evangelizzare da loro, poiché spesso ci fanno capire in maniera nuova il Vangelo che annunciamo.

CC&RR Regola 8a

 

“Nel bel mezzo del perdono è una festa: si vede la bellezza delle persone che spesso sono considerate marginali dalla società. Con il perdono e la celebrazione, la comunità [comunione] diventa il luogo in cui noi chiamiamo fuori i doni degli altri, li solleviamo, e diciamo: “Tu sei la figlia amata e il figlio amato”.                 Henri J. M. Nouwen

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