IL CRITERIO PER ACCETTARE UNA RICHIESTA DI MISSIONE

Abbiamo visto che nel 1818, molte richieste di missioni erano state rifiutate. La risposta positiva alla richiesta di Barjols viene invece motivata dal fatto che : “il nostro compito è correre dove il bisogno sia più urgente”.

Più di 50 parroci mi chiedono insistentemente una missione; ma per usare una certa equità nella scelta credo che bisogna riferirsi alla data della richiesta. Tuttavia sarei incline a darvi la preferenza perché mi sembra doveroso portare aiuto dove maggiore è il pericolo.
Ci hanno richiesti a Marsiglia dove potremmo augurarci qualche soddisfazione mentre a Barjols dobbiamo aspettarci contrasti e fatiche;
se non altro avremo in cambio la fortuna di venire incontro alla sollecitudine di un pastore in ansia per le sue pecore sbandate. Anche se avessimo da attenderci solo il merito di aver combattuto contro l’inferno, sotto la direzione di un veterano come voi, avremmo ancora di che rallegrarci per l’opera nostra.

Lettera al Signor parrocco di Barjols, 20 agosto 1818, E.O. XIII, n.14

La Regola di Vita Oblata assicura che questo spirito continui anche oggi:

Infatti, la nostra missione è quella di andare prima di tutto verso coloro la cui condizione richiede a gran voce la speranza e la salvezza che solo Cristo può dare pienamente. Sono i poveri dai molteplici volti: noi diamo loro la preferenza.

CC&RR, Costituzione 5

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LO ZELO MISSIONARIO CONTRAPPOSTO ALLA REALTÀ

Nel corso del 1818 continuavano a giungere ai Missionari, da parte dei sacerdoti delle parrocchie dei villaggi circostanti, richieste di missioni popolari nelle loro Parrocchie. Ecco due risposte in cui Eugenio non ha altra scelta che il rifiuto.

Perché non ho a mia disposizione una armata di buoni operai evangelici? Non tardereste a vedere mettersi attorno a voi tutti coloro che vi sono necessari. Ma, ahimè, siamo così pochi!
Il bisogno che avete si fa sentire in tutta la diocesi:
da tre anni utilizziamo i nostri poveri mezzi per venire in aiuto dei diversi parroci e il Signore si è compiaciuto di colmare di benedizioni la gente che abbiamo evangelizzato.
Ma che cosa rappresentano 4 o 5 missionari per una diocesi così vasta? Il cuore mi sanguina quando mi vedo costretto a rimandare a tempi più lontani un lavoro così importante dal quale dipende la salvezza di tante anime. Non ho parole per esprimermi, ma questo per me è un vero tormento che si rinnova a ogni richiesta che mi vien fatta…

Eugenio continua con una preghiera affinché vi siano più vocazioni per i Missionari

Aspettando, preghiamo il Signore, che conosce i bisogni del suo popolo, di fornirci i mezzi per provvedervi.

Lettera al Signor parrocco di Salernes, 15 giugno 1818, E.O. XIII, n.13

 Eccolo ripetere gli stessi sentimenti in risposta alla richiesta di un altro pastore:

Purtroppo mi duole molto dovervi dire di no, essendo appena in grado di mantenere quest’anno le promesse fatte tre anni fa, mentre da allora le richieste sono continuate. L’anno prossimo, se i vicari generali non vogliono essi stessi assumersi l’onere di fissare una lista, saremo costretti a tirare a sorte per contentare tutti. Raccomandiamo la faccenda al Signore che forse si compiacerà di mandarci gli operai necessari per la messe abbondante che matura un po’ dappertutto.

Lettera al Signor parrocco di Rougiers, 30 ottobre 1818, E.O. XIII, n.18

 

“La saggezza può essere appresa solo alla scuola dell’esperienza. Precetti e istruzioni sono utili sicuramente, ma, senza la disciplina imposta dalla vita reale, essi rimangono di natura puramente teorica.”    Samuel Smiles

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MENO SEVERITÀ CON MIA MADRE

Madame de Mazenod, la madre di Eugenio, aveva pure una forte personalità, così possiamo facilmente immaginare le scintille che scoppiavano di tanto in tanto tra madre e figlio. Nelle risoluzioni del ritiro Eugenio scriveva:

Con mia madre, meno severità, maggiore acquiescenza in tutto quel che potrei fare per non dispiacerle senza che l’ordine, la regolarità, lo spirito di mortificazione ne soffrano.

La madre si preoccupava dello stile di vita frenetico di Eugenio ed era convinta che egli fosse determinato ad annullare se stesso nel troppo lavoro.

È necessario toglierle dalla testa che voglia uccidermi.

Ritiro, maggio 1818, E.O. XV, n. 146

 Lo zio Fortuné de Mazenod descrive come Madame de Mazenod fosse coinvolta nell’organizzazione della vita del figlio:

Ho visto, alla missione, tua moglie tutta occupata nel preparare i pacchi di tuo figlio e tutto ciò che era necessario per la strada..

Lettera di Fortuné de Mazenod al padre di Eugenio, 7 aprile 1818, Archivio generale OMI, F.B. V, 1-77,

Fortuné aveva un approccio più passivo nei confronti della madre di Eugenio, come scrive in questa lettera a suo fratello:

Ho preso la decisione, come te, di lasciar dire a tua moglie tutto ciò che vuole, senza interromperla o andargli contro. Al di là di tutte le sue idee, di tutti i suoi progetti, ecco la mia banale risposta. In questo modo, andiamo a meraviglia e non mi staccherò da questo salutare metodo. Per grazia di Dio, non mi preoccupo più di nulla e lo ringrazio, ogni giorno, di avermi accordato il dono della pazienza di cui, spesso, devo fare uso. .

Lettera di Fortuné de Mazenod al padre di Eugenio, 2 maggio 1818,  Archivio generale OMI, F.B. V, 1-7

 

“La pazienza è compagna della saggezza.” Sant’Agostino

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MI TERRÒ IN GUARDIA CONTRO LA MIA VIVACITÀ NATURALE

Parte della stanchezza, a cui Eugenio fa riferimento nel corso del suo ritiro del 1818, era causata dalle reazioni animate provocategli dalla sua forte personalità in talune situazioni, specie quando vi erano persone trattate ingiustamente o ferite.

Mi terrò in guardia contro la mia vivacità naturale e farò quanto dipenderà da me per soffocare l’indignazione che potranno ispirarmi certi procedimenti che feriscono la mia delicatezza o ripugnano al mio naturale senso di giustizia di cui il Signore mi ha dotato….

Si riferisce alle molte contraddizioni e cambi di opinioni di cui aveva avuto testimonianza poco tempo prima, da parte di coloro che ostacolavano la sua missione. (tema qui affrontato in alcune meditazioni precedenti). Eugenio scrive:

… così quando mi accuseranno di indifferenza, quando verranno meno ai riguardi che, secondo il linguaggio mondano, mi sarebbero dovuti, giungendo fino a disprezzare la mia persona, ecc., è essenziale, dico indispensabile che sopporti con pazienza: sarebbe anche desiderabile che ne gioissi.

Va oltre, volendo arrivare all’origine stessa delle sue reazioni e divenendo consapevole di cosa le provochi, in modo da essere pronto a reagire positivamente:

Non è sufficiente non serbare rancore, perdonare senza fatica, dimenticare le offese, fare anche il primo passo verso coloro che mi hanno più oltraggiato, disposizioni del resto che io conservo abitualmente e che ho sperimentato al momento della prova; ma bisogna anche reprimere il primo impulso suscitato dall’orgoglio, non bisogna accogliere nemmeno per un istante l’indignazione che quei procedimenti risvegliano nell’intimo dell’animo, il disprezzo che suscitano verso quelli che se li permettono.

Note di ritiro, maggio 1818, E.O. XIV n. 145

 

“Sappi dominare le tue inutili irritazioni e conserva la tua energia per le cose grandi e per cui vale la pena. Non è la montagna che incombe a logorarti, ma il granello di sabbia nella tua scarpa”      Robert Service

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SONO PRIMA DI TUTTO AL SERVIZIO DEI MIEI CONFRATELLI

Continuando le riflessioni nel corso del suo ritiro, Eugenio valuta come la sua energia sia spesa nei rapporti con gli altri:

Relazioni col prossimo fuori casa.
Devono sempre essere subordinate ai doveri che devo compiere come capo della casa della Missione e incaricato della Gioventù Cristiana:
sono prima di tutto al servizio dei miei confratelli, dei miei ragazzi, poi di tutti.

Note di ritiro, maggio 1818, E.O. XIV n. 145

 In modo particolare, sceglieva con cura di dedicare il suo tempo alla formazione dei futuri membri dei Missionari. Jeaques Jeancard, che era stato formato da Eugenio, ricorda (in un certo stile agiografico del 19° secolo):

La Società esisteva solo in germe… granello di senape che doveva diventare un albero i cui rami si sono estesi molto più lontano di quanto allora si supponesse. Pur vivendo la santa ispirazione che gli era venuta di cercare, dappertutto, preti disponibili a sacrificare tutto per Dio e di riunirli in congregazione per lavorare con lui alla santificazione delle anime nell’opera delle missioni, p. de Mazenod aveva sognato, allo stesso tempo, di formare, attorno a sé, come una scuola apostolica che avrebbe continuato la generosa impresa e ne sarebbe stato l’elemento di sviluppo. I giovani di cui ho parlato più sopra furono i primi alunni di questa santa scuola. Tutti sono stati curati in modo particolare dallo stesso p. De Mazenod che divenne il direttore delle loro coscienze e loro maestro dei novizi. Le cure che dava alla loro educazione erano di tutti i momenti : alla ricreazione, nella passeggiata (quando aveva il tempo di accompagnarli), nella sua camera, nella sala degli esercizi, in cappella, insomma dappertutto cercava di animarli nello spirito di Dio. Per questo si può dire che l’aria della casa era tutta impregnata di questo spirito, lo si respirava incessantemente e non se ne respirava altro. Si viveva, in questo modo, in una atmosfera completamente apostolica cosa che facevano anche, bisogna dirlo, tutti i preti della comunità…

Melanges historiques sur la Congregation des Oblats de Marie Immaculee
(Tours, 1872), pp. 26 et 27.

 

Cosa fece, in effetti, nostro Signore Gesù Cristo quando volle convertire il mondo? Scelse un certo numero di apostoli e di discepoli, che formò alla pietà, che riempì del suo spirito e, dopo averli formati alla sua scuola, li mandò alla conquista del mondo che, ben presto, essi sottomisero alle sue sante leggi

Regola 1818

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MANTENERE ACCESO IL FUOCO MISSIONARIO

Durante il suo ritiro del 1818 Eugenio continua a riflettere sulle attività programmate per quell’anno. Tra queste vi era la visita di ritorno nei posti in cui si era già predicata una missione. Eugenio parla di quest’attività nella Regola:

Si ritornerà, nel paese in cui si è fatta una missione, al più tardi quattro o cinque mesi dopo per svolgervi qualche esercizio religioso, ma dovrà essere più corta della missione e vi si impiegherà un minor numero di persone. Attraverso questo mezzo, si consolideranno i frutti prodotti dalla Missione.

Regola del 1818, prima parte, capitolo 2, §1, articolo 12

Lo zio Fortuné, che pure era continuamente in apprensione per la salute di suo nipote e degli altri Missionari, esprime la stessa convinzione al padre di Eugenio:

Mi piacerebbe molto che, dopo Pasqua, si disperdessero e andassero a passare dodici o quindici giorni nei posti in cui hanno esercitato, così vantaggiosamente l’anno scorso, il ministero apostolico. I parroci lo vorrebbero per consolidare la buona opera. Questo viaggio non sarebbe stancante e produrrebbe un grande bene.

Lettera di Fortuné de Mazenod al padre di Eugenio, 7 marzo 1818,
Archivio generale OMI F.B. V, 1-7.

Un mese più tardi Fortuné ci racconta di queste visite fatte nei villaggi in cui avevano predicato due anni prima: Arles, Grans e Mouriès. Le visite fatte in questi ultimi due posti erano particolarmente significative, considerando che non vi erano preti permanenti. In questo modo gli abitanti erano stati in grado di adempiere ai precetti Pasquali. E Fortuné aggiunge: “ Eugenio sta bene, nonostante le fatiche delle sue corse apostoliche ” (12 Aprile)

Abbiamo ricevuto notizie dei nostri missionari per il ritorno della carrozza che li aveva portati. Il viaggio è andato molto bene; dopo aver pranzato a Salon, sono andati a dormire a Eyguières dove, arrivando, tuo figlio ha predicato con grande soddisfazione di tutte le persone per bene. Siccome non era l’oggetto dei loro lavori apostolici, ha mandato, martedì, due dei suoi confratelli a Arles e lui è andato, lo stesso giorno, a Grans con p. Tempier, suo intimo amico, per cominciarvi il suo lavoro e offrire tutti gli aiuti spirituali a una parrocchia considerevole che, in questo momento, si trova senza parroco e senza vicario. Da lì andrà a Mouriès, anche questa senza prete, e, siccome la fatica sarà maggiore, i missionari mandati a Arles li raggiungeranno. Ecco la terribile situazione in cui si trova l’immensa diocesi di Aix e, sicuramente, non è la sola.

Lettera di Fortuné de Mazenod al padre di Eugenio, 9 aprile 1818,
Archivio generale OMI F.B. V, 1-7

 

“Quando bevi l’acqua, ti ricordi della sorgente” Proverbio Cinese

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I MISSIONARI A CASA

Solo perché costretti a cancellare due missioni popolari a causa della stanchezza fisica, non vuol dire che i missionari oziassero. A tenerli occupati vi era il ministero quotidiano che la comunità svolgeva per i giovani e per la gente di Aix nella Chiesa della Missione. La loro prima regola di vita stabiliva questo principio:

Al ritorno dai loro impegni apostolici, rientreranno nella comunità per riposarsi dalle loro fatiche, dedicandosi all’esercizio di un ministero meno difficile e per prepararsi, nella meditazione e nello studio, a rendere il loro impegno pastorale più fruttuoso per quando saranno chiamati a nuovi lavori.

Domanda di autorizzazione indirizzata ai Vicari Generali Capitolari di Aix, il 25 gennaio 1816, E.O. XIII n.2

 Il Diario della Congregazione della Gioventù, tenuto da Eugenio, illustra alcuni di questi ministeri “meno difficili” da dover sostenere in aggiunta agli incontri con i giovani, due volte alla settimana, e alle molte ore di incontri personali:

Benedizione delle Ceneri nell’Associazione, preceduta da una istruzione e dalla recita dei 7 salmi penitenziali.

4 febbraio 1818

Benedizione delle Palme e processione sulla piazza delle Carmelitane.
Gli uffici della Settimana Santa sono stati seguiti con puntualità dai soci. Giovedì Santo: Mandatum.

15 marzo 1818

Più l’intensa preparazione alla cresima di alcuni dei congregazionisti:

Monsignor Vescovo di Digne è venuto a dir la Santa Messa nella chiesa della Missione, dove ha amministrato la cresima a parecchi soci che si erano preparati secondo le usanze nostre.

Diario della Congregazione della gioventù, 26 marzo 1818, E.O. XVI

 Lo zio Fortunè de Mazenod ci da una descrizione del periodo di Pasqua, parlando di suo nipote:

Il nostro missionario si è molto affaticato per il considerevole lavoro che il suo zelo gli suggerisce e i suoi confratelli hanno cercato in parte di farsene carico, in modo da agevolarlo. Tra le altre cose, si sono presi l’incarico delle omelie della passione e della risurrezione che lo avrebbero schiacciato. La nostra Chiesa è sempre occupata e tutte le cerimonie vi si svolgono in maniera meravigliosa.

Lettera di Fortuné de Mazenod al padre di Eugenio, 23 marzo 1818, Archivi generali OMI F.B. V, 1-7

 

“Un uomo troppo occupato per prendersi cura della sua salute è come un meccanico troppo occupato per prendersi cura dei suoi attrezzi.”    Proverbio Spagnolo

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SOVRAFFATICAMENTO

Era tempo di pensare a sfuggire alle innumerevoli occupazioni d’ogni genere che mi opprimono anima e corpo per nascondermi in solitudine e badare seriamente alla faccenda della mia salvezza eterna, passando in rassegna con esattezza tutte le mie azioni…

Note di ritiro, maggio 1818, E.O. XIV n. 145

 Non era Eugenio soltanto a vivere una situazione di affaticamento. A due anni dalla fondazione i missionari attivi nella Società erano ancora soltanto cinque. Anch’essi si occupavano delle innumerevoli richieste di ministero che occorreva svolgere all’interno e all’esterno della casa. Un certo numero di missioni popolari era stato pianificato per la prima parte del 1818, ma essi si videro costretti a cancellarle tutte eccetto una. Si trattava della Missione di Puget, un villaggio di 1300 abitanti. Eugenio accompagnò i missionari solo per l’inizio della missione, ritornando poi ad Aix per sbrigare tutti i ministeri.

I missionari tornarono esausti e il Vicario Generale di Aix li obbligò a cancellare le due missioni successive, programmate ad Eyguières e a Tourves.

Lo zio Fortuné de Mazenod ci racconta la storia:

Mi illudo che la terribile missione di Eyguières non ci sarà, perché i tre quarti dei missionari sono allo stremo e nell’impossibilità fisica di iniziarla e, meno ancora, di terminarla. E’ un paese di gente senza costumi e senza principi e la cui popolazione, 4.000 anime, domanderebbe dieci o dodici missionari dei più robusti e loro sono solo quattro e quasi tutti scoppiati a causa dei precedenti lavori. Per questo faccio fuoco e fiamme perché non la inizino quest’anno e non ho dubbi che ci riuscirò. Se c’è bisogno, farà agire i Vicari Generali, a cui ho già fatto ricorso per moderare lo zelo esagerato di Eugenio e forzarlo stare attento alla sua salute… Del resto, ho dalla mia parte il medico che ha parlato chiaramente al riguardo e ha detto che non possono fare, per un po’ di tempo, nuove missioni senza essere assassini di se stessi..

Lettera di Fortuné de Mazenod al padre di Eugenio, 7 marzo 1818,
Archivio generale OMI F.B. V, 1-77.

 

“Nel corso degli anni i vostri corpi diventano autobiografie viventi, che raccontano agli amici e parimenti agli sconosciuti le piccole e grandi preoccupazioni delle vostre vite”. Marilyn Ferguson

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COMPRENSIONE DI SE E AUTODISCIPLINA

Per essere pienamente al servizio di Dio e degli altri, Eugenio era convinto della necessità di avere auto-disciplina. Questo fu una delle preoccupazioni ricorrenti in tutta la sua vita. In accordo con le tradizioni della Chiesa, manifestava l’autodisciplina digiunando in Quaresima e regolarmente durante l’anno (specie di venerdì). Allo stesso modo parlava di come fosse necessario mortificare il proprio corpo – sottoponendosi, cioè, a penitenze corporali che riaffermassero che era lui a controllare il corpo e non il contrario. Vediamo che questo tema è ricorrente in tutti i suoi appunti del ritiro. Nel ritiro del 1818, che è quello che qui esaminiamo, leggiamo:

Sentii il bisogno di condurre una vita ancora più mortificata ed ebbi forte il desiderio di farlo.

Come abbiamo visto prima, tuttavia, le persone che lo circondavano pensavano che Eugenio fosse troppo estremo e cercavano di moderare il suo zelo. Uno di questi era Henri Tempier, direttore spirituale di Eugenio. Mentre Eugenio poteva respingere l’inutile agitazione di sua madre e di suo zio Fortuné, non poteva fare lo stesso con p. Tempier, considerato il voto di mutua obbedienza che avevano fatto il Giovedì santo del 1816.

Una sola cosa mi ha preoccupato cioè il timore che mi facciano opposizione e il mio direttore non si avvalga del mio voto di obbedienza che gli ho giurato per frapporre un ostacolo a quanto mi sembra volontà di Dio. Ho cercato seriamente i mezzi di sottrarmi alle premure troppo sollecite che la carità ispira a molte persone, forse timorose ch’io torni ad ammalarmi: mi sono urtato che si fosse fatto tanto chiasso intorno a me quando so benissimo di non essere buono a nulla e il po’ di bene che faccio l’ho fatto solo perché il Signore mi spingeva alle spalle

Vi sono molti casi in cui Tempier insiste su questo voto di obbedienza – quasi sempre relativamente alla salute e al benessere di Eugenio.

Soltanto che, rendendomi conto di essermi rimesso bene in salute dopo la Settimana Santa, non sentendo nessun dolore al petto, ecc., chiederò insistentemente al mio direttore di permettermi di seguire l’attrattiva che mi sprona a una vita più penitente. Credo che sarebbe andar contro lo spirito di Dio volerglisi opporre più oltre, col pretesto che la mia salute ha bisogno di precauzioni.

Note di ritiro, maggio 1818, E.O. XIV n. 145

 

“ L’Uomo Moderno rimane vittima di quegli stessi strumenti che hanno per lui maggior valore. Ogni passo avanti nel potere, ogni controllo imposto alle forze della natura, ogni aggiunta scientifica al sapere si sono mostrati potenzialmente pericolosi, se non accompagnati da un uguale sviluppo della comprensione di sé e nell’auto-disciplina.”   Lewis Mumford (sociologo)

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TANTO CHIASSO PER LA MIA SALUTE

L’impegno di Eugenio verso gli altri aveva indebolito la sua salute:

Lo stato in cui sono piombato è fuori dell’ordinario ed esige un rimedio immediato; sento un’apatia completa per tutto ciò che mi riguarda direttamente, parrebbe che quando passo dal servizio degli altri a considerare le cose mie, non abbia più forze, trovandomi del tutto esaurito, rinsecchito, incapace perfino di pensare.

Note di ritiro, maggio 1818, E.O. XIV n. 145

 In realtà lo stato di salute di Eugenio aveva destato più preoccupazione in chi gli stava intorno che in lui stesso. In risposta all’ansia mostrata da sua madre per il troppo lavoro a cui si dedicava, ecco risponderle con un tocco di humor:

È necessario toglierle dalla testa che voglia uccidermi.

Risoluzioni di ritiro, maggio 1818, E.O. XIV n. 146

 Nella prima metà del 1818 Eugenio è stanco e sull’orlo della malattia. Suo zio, Padre Fortuné de Mazenod, che viveva con lui, annota a tale proposito in alcune lettere inviate a Marsiglia al padre di Eugenio:

Eugenio, nonostante il peso enorme delle sue occupazioni, non sta male. In questo momento, ha la sola sofferenza di un flusso, assai considerevole, di sangue, causato dalle emorroidi.
Non smetto di fargli presente quanto sia essenziale, sotto tutti gli aspetti, che moderi il suo zelo e di fare un fuoco che duri ; spesso, però, parlo nel deserto.

Lettera di Fortuné de Mazenod al padre di Eugenio, 30 gennaio 1818,
OMI General Archives F.B. V, 1-7

 Due settimane dopo, Fortuné scrive che Eugenio era stato ammalato ma ora:

Eugenio va sempre meglio, ieri e oggi ha potuto dire la santa messa e comincia a riprendere le sue forze, sfinite dal lavoro e dal digiuno… Lo abbiamo in pugno, alla fine, e bisognerà proprio che obbedisca

Lettera di Fortuné de Mazenod al padre di Eugenio, 17 febbraio 1818,
OMI General Archives F.B. V, 1-7

e il giorno successivo:

Eugenio non ha più avuto nulla e continuare ad andare meglio, mettendo dei limiti al suo zelo e mangiando e dormendo di più. Sento che questo lo preoccupa un po’ e va contro le sue idee sulla pietà. Bisogna, però, che metta ogni cosa a suo posto e che non voglia essere saggio oltre misura, come dice san Paolo. Altrimenti, prima dei 40 anni, diventerà inutile per la Chiesa e sarà buono solo per occupare un letto dagli incurabili..

Lettera di Fortuné de Mazenod al padre di Eugenio, 18 febbraio 1818,
OMI General Archives F.B. V, 1-7

due settimane dopo:

Eugenio non ha avuto gli orecchioni, come si credeva ; è solo un gonfiamento al collo occasionato dalla contrattura dei nervi la cui tensione si fa sentire abbastanza forte anche ai piedi e gli impedisce di camminare. Da qualche giorno è’ molto diminuita e il suo stato fisico ne è migliorato sensibilmente. Niente indigestioni, niente insonnia, più quaresima ; in una parola, sta meglio ed è d’accordo sulle imprudenze che ha fatto. Abbiamo avuto non poche difficoltà a fargli capire di cibarsi di più, di dormire e riposarsi, ma, alla fine, con la grazia di Dio, ci siamo riusciti. .

Lettera di Fortuné de Mazenod al padre di Eugenio, 1 marzo 1818,
OMI General Archives F.B. V, 1-77

 Ecco invece la versione personale di Eugenio sulla situazione:

Ho cercato seriamente i mezzi di sottrarmi alle premure troppo sollecite che la carità ispira a molte persone, forse timorose ch’io torni ad ammalarmi: mi sono urtato che si fosse fatto tanto chiasso intorno a me …

Note di ritiro, maggio 1818, E.O. XIV n. 145

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