NON CENTRATO SUL PECCATO, MA SUL SALVATORE

Per Eugenio, l’importante non è il peccato, ma il Salvatore. Tre anni prima, nella sua meditazione di ritiro prima della sua ordinazione, ha scritto un testo magnifico su se stesso, uguale al figlio, prodigo, raggiunto e abbracciato da un Padre misericordioso. Tutta “l’esperienza del Venerdì Santo” si ritrova in queste parole ed era chiaramente presente nel 1814 al momento del ritiro che stiamo studiando.

Il figliol prodigo. Ahimè! non c’è stato mai nessuno a cui questa parabola si sia applicata meglio che a me.
Ho abbandonato la casa paterna, dove, mentre ci abitavo, ho colmato mio padre di amarezze d’ogni genere: ho sperperato il mio patrimonio, anche se non con le figlie di Babilonia, perché il Signore nella sua bontà inconcepibile mi ha sempre preservato da questa specie di sporcizia; ma, almeno, uscendo dalla casa di mio padre, ho abitato nelle tende dei peccatori.
Ho attraversato deserti aridi e, ridotto in mendicità, ho assaggiato e mi sono nutrito col cibo destinato ai porci di cui avevo scelto volontariamente la compagnia. Pensavo di ritornare da mio padre, da questo buon padre di cui avevo sperimentato così di frequente l’eccessiva tenerezza? No: è stato necessario che egli stesso, al colmo dei suoi benefici, venisse a togliermi, a strapparmi alla mia indifferenza, meglio ancora venisse a togliermi dal pantano in cui ero sprofondato e da cui era impossibile uscire da solo. Riuscivo a mala pena ppena talvolta a formulare il desiderio di buttar via i miei stracci per indossare di nuovo la veste nuziale.
Che accecamento! Sia sempre benedetta, mio Dio, la dolce violenza che vi siete deciso di farmi! Senza quel colpo maestro starei ancora marcendo nella cloaca in cui forse sarei morto; e in tal caso che ne sarebbe stato della mia anima? Mio Dio, non ho motivi da vendere per consacrarmi interamente al vostro servizio, offrirvi la mia vita e tutto quanto sono affinché tutto ciò che è in me venga usato e si consumi per la vostra gloria?
A quanti titoli vi appartengo? Non siete soltanto il mio Creatore e il mio Redentore, come lo siete di tutti gli uomini, ma siete il mio speciale benefattore perche mi avete applicato i vostri meriti in maniera tutta speciale; siete l’amico generoso, dimentico di tutte le mie ingratitudini, per aiutarmi così potentemente come se vi fossi stato sempre fedele; siete il mio tenero padre che ha portato sulle spalle questo ribelle, l’avete scaldato sul vostro cuore, l’avete ripulita delle sue piaghe, ecc.
Dio buono, Dio misericordioso, mille vite impiegate interamente al vostro servizio, sacrificate alla vostra gloria, sarebbero il compenso minimo che la vostra giustizia avrebbe il diritto di esigere da me. La mia volontà supplisca all’impotenza in cui mi trovo di restituirvi quel che riconosco di dovervi …

Note di ritiro, dicembre 1811, E.O. XIV n. 95

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