IL COSTANTE PROMEMORIA: ESSERE PER FARE

Separato dalla sua comunità, Eugenio ricorda loro il cuore della nostra vocazione Oblata: la missione è quella di invitare gli altri a condividere quello che stiamo vivendo e sperimentando noi stessi come una comunità missionaria: ESSERE per FARE!

Amatevi gli uni gli altri; ognuno concorra a mantenere il buon ordine e la disciplina nella fedeltà alla Regola, nell’obbedienza e nell’umiltà.
La Chiesa nelle sue angustie aspetta da voi un aiuto potente; ma convincetevi che sarete buoni a qualcosa in proporzione del vostro avanzamento nella pratica delle virtù religiose.

Lettera a Hippolyte Courtès, 22 Febbraio 1823, EO VI n. 93

La nostra missione è di proclamare il Regno di Dio e ricercarlo prima di ogni altra cosa (cf. Mt 6, 33). Compiamo tale missione in comunità. La comunità è un segno che, in Cristo, per noi Dio è tutto. Insieme attendiamo la venuta del Signore nella pienezza della sua giustizia, perché “Dio sia tutto in tutti” (cf. Cor 15, 28).

Crescendo nella fede, nella speranza e nell’amore, ci impegniamo ad essere, nel cuore del mondo, un lievito delle Beatitudini.

CC&RR, Costituzione 11

 

“ Si può predicare un sermone migliore con la tua vita che con le labbra.” Oliver Goldsmith

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COMUNITA’ A DISTANZA

Mentre viveva a Aix en Provence e lavorava in gruppi nella zona era facile vivere in comunità e trarre beneficio da essa. Ora le cose stavano cambiando con il nuovo ministero di Eugenio a fianco di suo zio, il vescovo di Marsiglia. Vivere in comunità Oblata fisicamente non era stato sempre possibile – e questo era diventato il modello per molti degli Oblati quando divenivano missionari in zone remote al di fuori della Francia. Anche se fisicamente non insieme, il suo cuore era nella comunità e ha viveva in comunione con i membri della comunità.

Egli esprime questo sentimento in questa lettera da Parigi, dove è immerso nei noiosi preparativi ufficiali per l’ordinazione episcopale di suo zio e il compito amministrativo di cominciare a fondare le strutture diocesane. Ha bisogno di essere in comunione con la comunità di Aix, nonostante la distanza che li separa

Scrivetemi puntualmente lontano come sono da voi, consideratemi un esiliato che si porta continuamente al centro dei suoi affetti e, ritrovandosi in mezzo a voi, riesce a cacciare la noia per pochi istanti.

Lettera a Hippolyte Courtès, 22 Febbraio 1823, EO VI n. 93

Oggi:

Uniti dall’obbedienza e dalla carità, tutti, Sacerdoti e Fratelli, sono solidali gli uni gli altri nella loro vita e azione missionaria anche se, sparsi per il bene del Vangelo, possono solo per brevi intervalli gustare i benefici della vita comune.

CC&RR, Costituzione 38

 

“Quando due individui che non sono amici sono vicini l’uno all’altro non c’è incontro, e quando gli amici sono lontani non c’è separazione.” Simone Weil

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LA COMUNITA’ COME UN LUOGO DI RIPOSO E DI RICARICA DELLE BATTERIE

In mezzo a tutte le visite burocratiche e d’affari a Parigi connesse con la nomina di Fortuné a Vescovo di Marsiglia, il cuore di Eugenio è focalizzato sulla comunità dei Missionari in Provenza. Pensa con nostalgia ai tempi in comunità dove ci si riposa dopo le settimane di lavoro estenuanti nei villaggi predicazione delle missioni

Come sono fortunati i novizi di vivere nel loro ritiro di pace. Invidio la loro sorte ed è molto a malincuore che mi rassegno alla mia; perciò offro al Signore la mia condizione come la penitenza più dura, essendo la mia gioia, dopo il lavoro delle missioni, di venire a godere un po’ di riposo in seno alla famiglia dove tutto mi edifica, tutto mi estasia…

Lettera a  Hippolyte Courtès, 22 febbraio 1823, EO VI n. 93

Per lui la vita comunitaria e un caldo spirito di famiglia erano essenziali per il successo del ministero. Uno arricchiva e l’altro nutriva.

[ Molte voci precedenti si riferiscono a comunità e la sua importanza per Eugenio – utilizzare la voce “comunità” nel motore di ricerca nella parte superiore della home page per leggere alcune di queste.]

 

“ L’amore comincia a casa, e non è quanto facciamo … ma quanto amore mettiamo in quello che facciamo. ”     Mother Teresa

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TENTATIVI DI FARE DI EUGENIO UN VESCOVO

Le “Mélanges Historiques” di Jeancard ci fanno sapere che, come effusioni, il Grande Cappellano manifestò la grandissima sorpresa di trovare agile e così pieno di vigore un eletto che gli era stato presentato in tutt’altro modo. Dopo essersi complimentato il successore di S. Lazzaro per la sua “verde vecchiaia”, Mons. De Croy ha aggiunto: “Se non avessi creduto che foste prostrato per l’età, non vi avremmo certo lasciato vostro nipote. Anche lui, contemporaneamente a voi, sarebbe stato chiamato a occupare una sede episcopale. Ma ciò che non è stato ancora fatto, si può sempre fare”. “Impossibile, rispose il vescovo nominato, mio nipote mi è necessario, deve rimanere con me”.

P. de Mazenod, de parte sua, respinse, non meno perentoriamente, le proposte del cardinale poggiando il suo rifiuto con una ragione supplementare: gli interessi vitali della sua opera nascente, le missioni di Provenza. Il Grande Cappellano non si diede per vinto e, qualche giorno dopo, ritornò alla carica offrendo, al Fondatore, Châlons-sur-Marne. Una seconda volta, e per gli stessi motivi, lo zio e il nipote restarono irremovibili. Il principe de Croy, provvisoriamente, acconsentì a cedere: “Ebbene, Monsignore, dato che volete assolutamente che p. de Mazenod rimanga vicino a voi, ve lo lascio, ma sappiate che solamente ve lo presto”.

Leflon, II, p. 217.

La diocesi di Marsiglia era stata chiusa per la Rivoluzione ed era stata amministrata dall’arcivescovo di Aix. Di conseguenza, non aveva avuto un vescovo residente per 21 anni e nessuna struttura diocesana. Durante il loro soggiorno a Parigi, in attesa delle formalità papali e civili da ultimare prima che Fortuné potesse essere ordinato vescovo, zio e nipote avevano trascorso il loro tempo fondando delle strutture, consultando persone riguardo gli incarichi per fornire il seminario, componevano il capitolo della cattedrale, organizzavano le finanze per il restauro del palazzo vescovile, ecc

 

“ Quando si arriva a essere Presidente, ci sono tutte quelle cose, gli onori, i 21 colpi di cannone, tutte quelle cose. Bisogna ricordare che non è per te. E ‘per la Presidenza.”   Harry S. Truman

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RICORDA CHE DOPO DIO, TU SEI LA MIA GUIDA E IL MIO BRACCIO DESTRO

La nomina di Fortuné de Mazenod come Vescovo di Marsiglia, nel gennaio del 1823, significava che egli doveva andare a Parigi immediatamente, per adempiere i necessari processi ecclesiastici e civili richiesti da questo incarico. Eugenio lo accompagnò in questo viaggio, che li avrebbe trattenuti a Parigi per sei mesi.

Da questo momento, la vita di Eugenio stava cambiando radicalmente. Nel 1817, quando la nomina di Fortuné era dapprima diventata una possibilità, egli aveva insistito con Eugenio: “Ricordati che, dopo Dio, tu sei la mia guida e braccio destro …” (Lettera di Fortuné de Mazenod a Eugenio de Mazenod, 9 ottobre 1817, PR, FB I-2)

Di fronte a tutto questo Eugenio non aveva avuto altra scelta che accettare la volontà di suo zio:

Sì, sì, mio carissimo zio, prendo tutta la responsabilità su di me

Lettera a Padre Fortuné de Mazenod, Palermo, 17 Novembre 1817, O.W. XV n. 143

Leflon riassume la situazione:

Il seguente 9 febbraio, Mons. Fortunato e p. De Mazenod partivano per la capitale. Per entrambi iniziava, nelle loro esistenze, un periodo nuovo. Uniti più strettamente che mai, lavoreranno di concerto alla stessa opera, in una diocesi in piena evoluzione demografica, economica, politica, sociale e religiosa; e, come aveva previsto il Fondatore, l’installazione di suo zio nella sede di S. Lazzaro avrebbe assicurato, per sempre, alla Società dei Missionari di Provenza, ancora di numero ridotto e mal affermata, non solo delle solide basi, ma basi di partenza.

Leflon Volume 2, capitol 5

Ora che l’incarico era diventato realtà, Eugenio fu costretto a lasciare Aix in maniera permanente e trasferirsi a fianco di suo zio a Marsiglia, e ad aggiungere la responsabilità di essere Vicario Generale a quella di essere Superiore dei Missionari. Questa responsabilità condivisa tra i Missionari Oblati e la Diocesi di Marsiglia sarebbe il modello della sua vita di amore per la Chiesa, per i prossimi 38 anni. Questo spirito continua ancora oggi:

Gli Oblati, spinti dall’amore per la Chiesa, compiono la loro missione in comunione con i Pastori che il Signore ha posto a capo del suo popolo; accettano con lealtà e con fede illuminata l’insegnamento e gli orientamenti dei successori di Pietro e degli Apostoli.

Nelle Chiese locali in cui lavorano, essi coordinano la loro attività missionaria con la pastorale d’insieme e collaborano in spirito di fraternità con gli altri operai del Vangelo.

CC&RR Costituzione 6

 

“ La volontà di Dio non potrà mai portarti dove la grazia di Dio non ti proteggerà. Per ottenere ciò che vale la pena avere, può essere necessario perdere tutto il resto”. Bernadette Devlin

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LA NOMINA DI FORTUNÉ DE MAZENOD COME UNA GARANZIA DI PROTEZIONE PER I MISSIONARI

Fin dalla loro fondazione nel 1816 i Missionari di Provenza erano stati colpito da diverse tempeste all’interno e all’esterno della chiesa. Abbiamo visto come non vi era alcuna figura autoritaria su cui si poteva contare per una protezione incrollabile. Avere Fortuné come Vescovo, avrebbe ora dato loro una maggiore stabilità in quanto vi era ormai un’autorità ecclesiastica che si sarebbe alzata per loro. Il biografo Rey descrive la reazione dei Missionari:

Nella comunità la gioia fu grande. Era ispirata dagli stessi motivi che avevano ispirato il Fondatore, motivi di fede e di dedizione. Le prove rendevano necessaria una protezione efficace contro avversari potenti e determinati: un Vescovo favorevole ai Missionari di Provenza avrebbe reso più facile il loro reclutamento, avrebbe assicurato la pace e la sicurezza e avrebbe permesso allo zelo apostolico, che riempiva tutti i cuori, di produrre i propri frutti. La gloria di Dio e la salvezza della anime, dunque, erano l’obiettivo a cui tutti miravano

Rey I capitolo IX

“Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?
Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati.” Romani 8:35,37

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FORTUNÉ DE MAZENOD NOMINATO VESCOVO DI MARSIGLIA

Il 13 Gennaio 1823 lo zio 73enne di Eugenio, Fortuné de Mazenod, è stato nominato vescovo di Marsiglia. E ‘stato un passo che ha cambiato la vita di Eugenio. Questa nomina è stato motivo di gioia tra i Missionari, come spiega il biografo Rey:

Il buon canonico, già con la cappa, si preparava a officiare Vespri quando gli fu consegnato un plico col timbro e il sigillo della Grande Penitenzieria. Con grande calma, senza aprirlo, lo fece scivolare in tasca e andò, molto tranquillamente, a cominciare l’Ufficio. “Conoscevamo l’esistenza di questo dispaccio – riferisce Mons. Jeancard – e, naturalmente, tutti desideravamo conoscerne il contenuto. Fu, però, solo dopo i Vespri, il sermone predicato da p. Courtès … e dopo la benedizione del Santissimo Sacramento, che il prelato ruppe il sigillo e lesse la sua nomina ufficiale, la sua definitiva vocazione a vescovo di Marsiglia … Il vescovo nominato ha fatto intravedere una leggera emozione che ha immediatamente portato, senza far caso alle nostre felicitazioni, ai piedi dell’altare dove è rimasto, per un certo tempo, prostrato davanti al Santo Sacramento. Tutto questo metteva fine, per lui e per tutta la Congregazione, a una incertezza molto preoccupante.

Leflon 2, Capitolo 5

 Vedere le voci di cui sopra (22-29 Agosto 2011) per quanto riguarda la nomina iniziale Di Fortuné nel 1817.

 

“ Se alzi lo sguardo verso il Suo volto e dici: “Sì, Signore, costi quel che costi”, in quel momento Lui inonderà la tua vita con la sua presenza e potenza .” Alan Redpath

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FORMAZIONE ATTRAVERSO LA SCELTA DELL’AZIONE

Alla fine del 1822 vi erano 12 sacerdoti missionari completamente occupati nella predicazione delle missioni parrocchiali oltre a gestire la missione permanente della casa di Aix, al santuario mariano di Laus, e il centro di pellegrinaggio dedicato a Cristo Salvatore a Marsiglia – insieme a molti altri lavori connessi con questi luoghi, come la gioventù, la prigione, il ministero sacramentale ecc.

Le richieste fatte ai Missionari erano molte, e quindi era importante che ai giovani in formazione fosse data una preparazione adeguata e solida. Scrivendo a Jacques Marcou, Eugenio mette in evidenza alcune di queste qualità. Marcou era stato uno dei primi membri della Congregazione della Gioventù a Aix dal 1813, così Eugene lo conosceva bene e aveva svolto un ruolo significativo nel suo sviluppo umano e spirituale.

Aix, 24 luglio perché è mezzanotte e mezzo. Mio caro Marcou, ho pensato un po’ tardi a scriverti; perciò mi contenterò di darti una prova del mio ricordo. So che stai bene e non dubito che stia ancor meglio spiritualmente.
Lavora con serietà per andare avanti e perfezionarti in tutte le virtù: tu sai quante ce ne vogliono per compiere il bene, e ti vedo tra poco scendere sul campo di battaglia; prepara dunque le armi necessarie.
Addio, mio caro figliuolo, ti raccomando anche lo studio senza farti fermare dalle difficoltà che incontri su un cammino così bello. Vivete nell’unione più salda e nell’osservanza più esatta delle nostre sante Regole.
Addio, ti abbraccio con tutto il cuore. Prega per me.

Lettera a Jacques Marcou, 24 Luglio 1822, EO VI n. 85

I desideri di Eugenio continuano ad essere espressi oggi nelle nostre Regole di Vita:

La prima formazione ha lo scopo di assicurare la crescita di coloro che Gesù chiama a di-ventare pienamente suoi discepoli, affinché raggiungano la piena maturità religiosa e diventino capaci di far propria la missione oblata. Ciò esige una integrazione nella fede di tutti gli aspetti della nostra vocazione, in modo particolare della povertà evangelica, del celibato consacrato e della disponibilità al servizio missionario.

CC&RR, Costituzione 50

 

“ Il sé non è qualcosa di già pronto, ma qualcosa che è dentro la formazione continua attraverso la scelta dell’azione”      John Dewey.

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STABILIRE I MISSIONARI NELLA CASA DEL CALVARIO

Continuiamo a parlare della terza casa oblata fondata. Il numero di persone che veniva al Calvario crebbe rapidamente. I missionari si trovarono a gestire regolarmente gruppi parrocchiali che arrivavano lì in pellegrinaggio e in più pellegrini fissi che giungevano abitualmente. Avendo formato un gruppo specifico di laici in due gruppi, fu necessario per i missionari stabilirsi in maniera costante sul luogo.

In certi giorni di festa, il cortile, che può contenere qualche migliaio di persone, è pieno soprattutto di fedeli dei quartieri popolari che circondano il Calvaire.

I missionari si trovavano nel loro elemento. Si misero, con zelo, al servizio dei poveri pellegrini.

I missionari si accorsero che il vecchio convento di Accoules era in vendita. I religiosi erano stati cacciati dalla Rivoluzione quando la chiesa fu distrutta. Con l’aiuto dei laici, riuscirono a comprare la proprietà.

Molto presto si presentò l’occasione di acquistare una proprietà. Il vecchio chiostro dei canonici des Accoules, composto da nove case, nel mese di maggio 1822 fu messo in vendita. I padri lo acquistarono al prezzo di 12.000 franchi. Due di queste case erano vuote e i padri vi si stabilirono alla fine del 1822. I locatari delle altre case, se ne andarono, tutti, in meno di un anno. Ancora prima di abitare a Marsiglia come Vicario Generale, nel 1823, p. Henry Tempier era stato incaricato, da p. de Mazenod, della demolizione di queste vecchie case e della costruzione di un vasto convento con una cinquantina di stanze e sale. Già finito all’inizio del 1825, fu questo il primo dei numerosi cantieri di p. Tempier a Marsiglia. 

Yvon Beaudoin, « Marsgilia, Le Calvaire »,In « Dizionario storico degli Oblati ». vol. I

Jeancard descrive le condizioni di quell’edificio quando vi si stabilirono nel 1822:

Alloggiammo in questa sorta di baracche fatiscenti, di cui eravamo diventati i proprietari – annerite dal fumo, sporche e ripugnanti. Per più di trent’anni erano state rifugio per famiglie povere la cui condizione era pari a quella dei nomadi o dei mendicanti. Stabilirsi lì fu un atto di povertà superiore a quello di acquistarle.

Mélanges historiques, page 144

 

“Non è la merlatura gloriosa, le vetrate, i gargoyle accovacciati che sostengono un edificio, ma le pietre sotto o sulla terra. Spesso quelli che sono disprezzati e calpestati sostengono il peso di una nazione.” John Owen

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LO SVILUPPO DEL SANTUARIO DI CRISTO IL SALVATORE

Dato che il Calvario a Marsiglia era un santuario con il suo centro sul Salvatore Crocifisso, i laici associatisi tra loro, si posero sotto la protezione di Nostra Signora del Dolore – con uno scapolare come simbolo distintivo di appartenenza. Volevano imitare Maria, che rimase ai piedi della Croce di Suo Figlio.

Scrivo questi dettagli perché sono parte della storia e della tradizione della nostra famiglia mazenodiana – come scrive Rey:

In questo stesso giorno, 3 maggio, all’uscita della Processione Generale, il Vicario Generale ha solennemente benedetto i quadri destinati agli oratori della Via Crucis e li ha sistemati percorrendo le stazioni con la folla di fedeli che avevano partecipato alla processione.

L’erezione canonica delle due associazioni era stata promulgata prima della Messa Solenne cantata dal Vicario Generale. I parroci aveva no dato il loro consenso al Regolamento che l’arcivescovo di Aix aveva approvato solo a questa condizione: una completa intesa tra il suo Vicario Generale, i parroci e i missionari. 

Il Vicario Generale ha benedetto e distribuito lo scapolare di N. S. dei Sette Dolori, segno di ammissione adottato dai membri delle due Confraternite. Il tempo, magnifico, aveva permesso di svolgere, all’aria aperta, ai piedi della croce della Missione,tutte le cerimonie del giorno: il cortile del Calvaire era pavesato e presentava un bello spettacolo.

Rey, I, capitolo VIII

 

“La croce è stesa su ogni cristiano. Si inizia con la richiesta di abbandonare i beni terreni. In questo modo l’uomo vecchio muore e si arriva all’incontro con Cristo. Una volta intrapreso il cammino ci abbandoniamo a Cristo in unione con la sua morte – consegniamo le nostre vite alla morte. Quando ciò accade all’inizio della nostra vita cristiana, la croce non può assolutamente essere un finale tragico; essa porta senza dubbio a una vita religiosa felice. Quando Cristo chiama un uomo, gli offre di venire e morire. Può essere una morte simile a quella dei primi discepoli che hanno dovuto lasciare la loro casa e lavorare per seguirlo…”     Dietrich Bonhoeffer

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